24/08/10

PATRIMONIO DELL’UMANITÀ


A proposito di astro-fili, anch’io “amo” le stelle. Senza fanatismi. Non mi spello le mani ad armeggiare con binocoli e telescopi. Le amo come amo un abete, una betulla, una parte del paesaggio. Conosco qualche nome: Sirio, Vega, Rigel, Betelgeuse. Me le nominò una volta Eza, astrofilo teserano della prima ora. So che brillano di luce propria e tanto mi basta e avanza. A che mi serve sapere che la prima di quelle quattro dista da noi 8,6 anni luce e l’ultima addirittura più di 400? Se sapessi che le loro rispettive distanze sono il doppio o la metà, che cambierebbe? Provate a immaginarle quelle distanze. È impossibile. Sono misure imparagonabili. Traducendo, per esempio, gli 8,6 anni luce nel sistema metrico decimale, Sirio sarebbe raggiungibile dopo aver percorso appena ottantunbilionitrecentosessantaduemiliardiottocentottantamilioni di chilometri. Un’inezia!
Perciò preferisco guardare alla Luna senza chiedermi quant’ è lontana. Quella Luna alla quale tutti gli oltre quaranta miliardi di Terrestri, dalla comparsa dell’Uomo in poi, hanno dato almeno un’occhiata: astrofili e no, poeti e musicisti, medici e maniscalchi, sapienti ed ignoranti, facoltosi e pezzenti, gentiluomini e bifolchi. E a cui in molti si sono rivolti, speranzosi, per chiederle consiglio. Anch’io qualche volta l’ho fatto. Proprio recentemente le ho chiesto di spiegarmi perché sempre più gente, incomprensibilmente, venga tentata di appassionarsi di cose così remote e lontane, come gli astri e le stelle, e invece se ne freghi delle più prossime e vicine. Sinora non mi ha risposto, ma lo farà. Me lo ha promesso.
Sto meditando di costituire un nuovo sodalizio. Lo chiamerò Associazione Lunafili semplici. Mi basterebbe un socio, anzi una socia, per ammirare Selene. Magari stasera, in questa notte di plenilunio di fine agosto. Senza strumenti ottici, soltanto con gli occhi e la fantasia. Senza presidenti, senza staff, senza altri invitati, senza accademia. Semplicemente io, la socia e Selene. In un luogo incantato, a mezzanotte. Magari a Guagiola, tra gli alti larici della radura prativa occidentale più alta del paese. Là dove, bambino, in un qualche caldo pomeriggio di luglio, mi recavo, per aiutare ai lavori di fienagione nel grande prato dei Türlülüi, salendo a piedi, da Tesero a Zanon e poi su ancora, oltre il pascolo e il bosco. E dove, lì accanto, l’indimenticata Michelina Bozzetta, forse con profetica preveggenza, trascrisse sul muro bianco del baito questo pensiero del Nievo: “La vita dell’Universo nella solitudine è lo spettacolo più sublime, più indescrivibile che ferisca l’occhio dell’uomo. È una vita che si sente e sembra comunicare a noi il sentimento d’una esistenza più vasta, più completa dell’umano. Allora non siamo più critici e legislatori, ma gli occhi, gli orecchi, il pensiero del mondo. L’intelligenza non è più un tutto, ma una parte. L’uomo non pretende più di comprendere e dominare l’Universo, ma sente, palpita e respira con esso.”
Ecco, non me ne vogliano Mario e i suoi seguaci, ma io, quale fondatore in pectore della Lunafili semplici, faccio appello al Comune affinché desista dal realizzare là il previsto osservatorio astronomico. Non abbia fretta, ci ripensi, attenda almeno il 2012. Accantoni il progetto e lo stralci dal bilancio di previsione. Auspicabilmente, nel frattempo, quella moda, che fa un po’ snob, forse passerà.
Non si rovini la bellezza antica di quella località, non si oltraggi quel profondo pensiero. Che quell’ermo colle del paese resti com’è e permetta ai semplici, ai sensibili e ai poeti di ammirare naturalmente il cielo stellato e il nostro magico satellite in silenzio o sottovoce, nella sana quiete della notte.

Ario Dannati

2 commenti:

  1. Caro Ario,
    per fortuna ognuno si pone di fronte alle cose in maniera diversa: ad uno piace goderne come fai tu con semplicità e poetico distacco ad altri piace studiarle e conoscerle, capirne il funzionamento, la dinamica, ecc. Cosa c'è di male? Sono due diverse interpretazioni del mondo. Ma mi pare che il problema in questo caso non sia l'astrofilo, il quale ha il sacrosanto diritto di “sbinocolare” quanto gli pare, trovarne piacere ed allargare i propri orizzonti. No! Il problema non è lui, da quel che ho capito, ma l'osservatorio. Secondo il tuo principio dovremmo godere delle bellezze del firmamento semplicemente alzando lo sguardo senza cercare di conoscerne la meccanica e lo sviluppo, per di più attraverso la costruzione di una struttura ad “hoc” che avrebbe anche un certo impatto dal punto di vista ambientale. D'altronde ogni cosa ha una sua naturale ed idonea ubicazione ed un osservatorio in mezzo al paese servirebbe a pochino. Secondo lo stesso principio dovrebbero bastarci la musica di un ruscello, il fruscio del vento tra gli alberi, il silenzio della montagna, i colori dell'autunno o la semplice luce della luna, appunto, per gratificare occhi ed orecchie. Allora non dovremmo nemmeno costruire i teatri e le sale da concerto. La musica viene prodotta con strumenti ottenuti dal legno di alberi secolari? Basta con la costruzione di strumenti musicali! Il pittore avrebbe il problema dei pennelli che vengono prodotti con setole di animali inermi. E potremmo continuare all'infinito. Tutto molto bello, ma dove sarebbero Mozart e Brahms se il mondo si fosse basato sino ad ora su questi principi. A tanti, o meglio, ai più probabilmente non mancherebbero, ma a me sì e tanto mi basta. Da amante dell'arte e della letteratura, quale tu sei, sai bene che queste non potrebbero compiersi se non a costo del sacrificio di tante di quelle cose che vai da sempre difendendo strenuamente. Bene! Allora troviamo la via di mezzo: i mezzi della conoscenza a disposizione solamente dei “mostri sacri”, della Hack (anatema sul Mario Vinante!), per restare sull' astrofisica o di Abbado, per tornare alla musica. Il principio, però, dovrebbe rimanere principio a prescindere e, se non sbaglio, gli strumenti che usano loro non sono dissimili da quelli che uso io per fare musica o gli astrofili teserani per sondare l'universo. A loro, ai mostri sacri, la deroga è concessa, ma a noi, spinti dalla stessa passione, dalla stessa volontà di conoscenza, se non dagli stessi talenti, essa invece è negata. Percepisco, insomma, una sorta di tuo fastidio nel fatto che qualcuno si cimenti in campi che, secondo te, dovrebbero essere ad esclusivo uso e consumo di alcuni eletti, dentro i quali noi non dovremmo avere la presunzione (tutta teserana anche questa?) di entrare. Noi, poveri zotici mediocremente formati, dovremmo accontentarci di assistere da spettatori inerti e stupiti alle scoperte di altri, alle grandi interpretazioni di altri, ai capolavori di altri, crederci e poi tornare umilmente a “sbadilar grasa” o “zapar tera”, magari proprio la dove sarebbe dovuto sorgere il nostro beneamato osservatorio. È questo il nostro ruolo all'interno del grande disegno celeste? Questo non lo sappiamo né io né tu. Sono fermamente convinto, invece, che ognuno abbia il diritto di provarci, di crederci, di cercare di allargare i propri orizzonti, di puntare un po' più in alto, anche e soprattutto confrontandosi con i più grandi. Poter esercitare, insomma, la propria mediocrità con libertà e passione.

    Ciao, Ezio

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  2. Mi chiedevo perchè così tanti astrofili a Tesero hanno la "luna storta"... Sarà deformazione professionale?

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LE OCHE E I CHIERICHETTI

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