20/03/10

SCIENZA E UMANITÀ


Caro Michele, mi tocca replicare brevemente al tuo intervento che, a sua volta, rispondeva al post “L’Apprendista Stregone” di Marco Ferrari, qui pubblicato il 15/03 scorso. Ti stupisci della scelta di questo articolo? Ma vedi, a volte gli articoli li scelgo senza una logica ben precisa. Se non forse quella traducibile con la locuzione “tutto si tiene”. Di quest’ultimo pezzo mi piaceva il colore di fondo. L’ho letto tenendomi a una certa distanza. Come quella necessaria per ammirare un quadro impressionista. Stando troppo vicino il particolare ti fregherebbe, ti farebbe equivocare. Questo è un articolo come un quadro di Monet. Anche questa risposta dovrai leggerla tenendo la stessa distanza.
La Scienza è neutra, si sa. Ma le sue magnifiche sorti sono soltanto teoriche, perché poi è l’uomo che se ne serve. La pratica, ovvero la “messa in strada” delle scoperte scientifiche, spesso produce (e ha prodotto) mostruosità. Non soltanto naturalmente, ci mancherebbe! L’antimodernismo è un concetto per te intollerabile? E il modernismo, visto così com’è oggi, anno domini 2010, cosa ti sembra? E in prospettiva, con l’esperienza acquisita, che vedi? La Razionalità, da cui procede la Scienza e l’Irrazionalità, da cui discende la barbarie, pur esattamente antitetiche, non emanano forse entrambe dalla stessa natura umana?
Ferrari, partendo dalla recente autorizzazione della Commissione europea all’avvio della produzione di una qualità di patata modificata geneticamente, pone a mio avviso l’accento non tanto (o non soltanto) sulla problematicità (discutibile, indimostrabile?) della modificazione genetica vegetale (o animale) quanto sulle conseguenze etiche di una tale prassi. Di fronte a quella dichiarazione così antimoderna contenuta in quello scritto il tuo “radicalismo scientifico” ti provoca vertigine, ripulsa. Vedi in quell’antiprogressismo viscerale il ritorno alla barbarie. Ammesso, dico io, che più barbarie di così si possa oltre (ma il termine ognuno può interpretarlo a modo suo) penso che le scorciatoie non servano a migliorare la situazione. Dovremmo invece sforzarci di modificare i comportamenti collettivi sempre più aberranti dell’ Homo economicus, attraverso la Cultura in senso lato (inclusa la Scienza, dunque) anziché affidarci alla Scienza soltanto, piegando la Natura al volere sempre più innaturale di quell'Homo. Non è semplicemente catastrofismo contrapposto a realismo e a buon senso. E’ che questo procedere asimmetrico tra Scienza e Umanità (come corpi separati) non ha senso. Oggi, se questa asimmetria non fosse effettiva ed evidentissima, con tutto il progresso scientifico che c’è stato da che il mondo esiste, esso dovrebbe essere un vero paradiso terrestre, di prosperità, di gaudioso benessere, di serenità. E invece, pur sempre più immersi nei tanti prodotti figli della Scienza, le grandi questioni del pianeta, ambientali e umane, non sono affatto risolte. Anzi, tutt’altro! E, sparando a casaccio, ne sono prova i fatti che quelle patate, quel mais e quei pomodori modificati, non hanno diminuito, né probabilmente diminuiranno di nulla, la fame del mondo. Che l’Africa, nonostante queste ed altre mitizzate panacee scientifiche è e resta un continente con una speranza di vita mediamente inferiore ai 40 anni. Che l’impazzimento cellulare all’origine del cancro, nonostante i notevoli e prolungati sforzi della ricerca, è ben lungi dal trovare una risposta (forse, in questo caso, perché non tutto è riconducibile ad una spiegazione razionale?). Che l’ambiente, nonostante l’avanzamento tecnico, continua a degradarsi. Che la diversità biologica è in reale pericolo. Che il sistema economico nel suo complesso (nonostante si alimenti di scienza e tecnologia) non può prescindere dall’ infinito sciupio delle risorse naturali.
Condivido con Ferrari che “…la parola Ogm si fa portatrice di implicazioni concettuali che vanno ben oltre le sue pur discutibili applicazioni pratiche: è l’espressione ultima della rivolta faustiana dell’uomo contro lo stato di natura, del suo terminale delirio di onnipotenza”. Sto farneticando, penserai. Forse sì.

L’Orco

5 commenti:

  1. Caro Orco, la discussione è molto bella, grazie. Molti degli argomenti che qui riporti sono interessanti ma, secondo me, non sono funzionali alla conclusione che porti. Faccio due esempio e una provocazione. 1. "La Razionalità, da cui procede la Scienza e l’Irrazionalità, da cui discende la barbarie, pur esattamente antitetiche, non emanano forse entrambe dalla stessa natura umana?" Si, certo! 2. "E’ che questo procedere asimmetrico tra Scienza e Umanità (come corpi separati) non ha senso." No, per niente. Non ha senso perché non sono corpi separati (vedi pto 1).
    L'intera discussione per gli antimodernisti, così come per i teorici della decrescita, si basa sull'assunto (errato? indimostrabile?) che ciò che è prodotto dell'uomo non è naturale e quindi in opposizione alla natura. Ma questo è un assunto sbagliato. L'uomo è natura e i suoi prodotti (benché spesso identificati come "artificiali") sono natura anch'essi. I loro effetti sono secondari, non importa che essi possano minacciare la specie. Terremoti, clima, asteroidi e chissà cos'altro hanno minacciato le specie animali sulla terra ben prima della nascita dell'uomo.
    Il tutto si riduce oggi, nella sua complessità e ineluttibilità, a una questione morale, proprio perché è l'uomo (cioé l'animale morale) a determinerne le sorti. Una questione, tuttavia, che non siamo in grado di risolvere. Se l'uomo distruggerà se stesso non ci sarà nulla di innaturale.
    Stando il sottoscritto dalla parte del cavallo di Nietsche pensavo anch'io che fosse l'uomo cartesiano contro lo stato di natura. Ma la logica, altro prodotto mostruoso della naturale umanità, oggi mi impedisce di esserne così sicuro. Chi può veramente dire cosa sia natura e cosa no?
    Un saluto,
    Evgeny

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  2. Caro Orco,
    mi verrebbe da dire: come gli ambientalisti hanno il privilegio di criticare senza dover fornire alternative (parole tue) così la scienza fornisce gli strumenti per un mondo migliore senza il dovere di vigilare se in questo modo vengano impiegati. Ma è chiaro che sto un po’ banalizzando la cosa. Di fatto la scienza non è mai buona né cattiva (come per altro la natura, per la quale mi associo totalmente con Evgeny: cos’è natura\naturale?) ed è l’uso che se ne fa a essere discutibile, su questo siamo d’accordo. Ma qui torno ad insistere che la scienza non in antitesi con l’etica e per quel che mi riguarda rifiuto l’etichetta di radicale. Da che mondo è mondo il progresso è servito (ahimè) prima che benessere a creare profitto. Perché gli OGM devono per forza essere anche etici? Per carità, che lo sia ogni applicazione della scienza, ma perché lo si pretende in modo particolare da questo tema? Forse perché, cadute le obiezioni sostanziali in campo tecnico ci rimane solo quello per non dover ammettere che c’è stata nei confronti dell’argomento una guerra preventiva spropositata?
    Consentimi infine un’ultima provocazione: chi si erge a dio? Lo scienziato che si pone l’obiettivo di migliorare il benessere umano, o il politico, l’ideologo e il filosofo che, in maniera del tutto arbitraria (e spesso incoerente dato anche loro godono dei benefici connessi) si arrogano il diritto di stabilire per tutti il grado di modifica della natura eticamente accettabile?
    Cordialmente,
    Michele

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  3. Mannaggia che bella discussione! Proverei ad introfularmici anch'io, da semplice e rozzo tecnico, con l'intento di riuscire ad imparar qualcosa.

    Neanch'io condivido il pezzo di Ferrari. Se, ammettendolo e non concedendolo, Michele può essere definito radicale, direi che un termine come "estremista" o anche "terrorista" sarebbe fin troppo scialbo per Ferrari. La stessa razionalità a cui si affida tirando in ballo l'etica crolla miseramente nel momento in cui si dichiara ideologicamente contrario agli OGM (tutti). Personalmente tento di evitare, sebbene sia a volte impossibile, i cibi contenenti OGM. Ma OGM non significa solo cibo, come ben ha ricordato Michele, e l'uso che di essi viene fatto non è dovuto solamente al fideismo tecnico-scientifico, come Ferrari lo definisce. E poi, fin dove arriva questo antimodernismo? Quanti e quali dei risultati, più o meno buoni, raggiunti finora, dobbiamo rifiutare?

    L'utilizzo che si fa delle tecnologie è stato, è e sarà frutto di un difficile equilibrio tra diverse posizioni, più o meno radicali. Quello a cui penso spesso è che si sia creato un cospicuo divario tra sviluppo tecnico-scientifico e sviluppo del pensiero. La domanda a questo punto è: di chi è la "colpa"? Di chi fa scienza, che non si è preoccupato di accompagnare lo sviluppo scientifico con quello di un corrispondente concetto di etica, o di chi fa filosofia, che non ha saputo dare un percorso coerente ed "al passo" allo sviluppo del pensiero?

    La provocazione di Evgeny è intrigante e la condivido, anche se si potrebbe rivoltare la frittata dicendo che la necessità di provare a porre una linea di demarcazione tra naturale e non-naturale è anch'essa frutto della natura. E il trucco di eliminare tale distinzione richiederebbe, secondo me, la radicale eliminazione di tutti i valori a cui finora ci siamo affidati. Un passo che, a mio avviso, non siamo pronti a compiere.

    Sperando che la discussione prosegua con altri interventi, vi saluto.

    Lor

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  4. http://videolectures.net/eccs08_aumann_rrvar/

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  5. http://www.ted.com/talks/sam_harris_science_can_show_what_s_right.html

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