Tutto è compiuto,
scorre l’acqua sulle puntute sassaie torrentizie…
Della scomparsa umanità restano simulacri e vestigia.
Pioveva.
La processione del venerdì delle Palme non s’è fatta.
Un tempo non importava.
Se pioveva c’erano gli ombrelli.
E le persone non si scioglievano come zucchero o sale.
Tenteranno l’ingrata sorte mercoledì.
Ritornerà, così, involontariamente,
la processione corta del Mercoledì santo.
Quella degli Uomini rossi.
Ma loro non ci saranno. Nemmeno il Giovanni da Sorasass.
Non se ne perdeva una.
Da Senigallia a Tesero ogni anno per immergersi in quel particolare spettacolo sacro.
Gli Uomini rossi:
il Niccolino Moretto, il Pasquale Magiaca, il Giovanni Giamboron, il Giovanni Zonca.
Erano una squadra affiatata.
Per la prima volta la guarderanno tutti dall’alto
la processione corta del Mercoledì santo.
Pomeridiana.
Le scuole chiudevano alle undici.
Vacanza.
Anche le botteghe chiudevano,
la produttività non assillava le proprietà.
C’era bisogno di sacro.
Il paese si fermava.
Dopo l’ultima Ora e l’Ora dei Confratelli.
Tra litanie in latino e candele che di tanto in tanto erano spente,
apparentemente a caso.
E poi, finalmente, la processione…
C’era silenzio.
Quale significato religioso nascondevano quelle tonache rosse,
cinte alla vita con uno spago?
Sangue? Vita? Sacrificio? Martirio?
Gli Uomini rossi incutevano sana alterità e rispetto.
Rispetto, sì, quel che oggi ci manca.
Sembriamo tutti uguali.
Ma è finto.
Allora eravamo più pari.
Dignitosi.
Non c’erano vigili a tener lontano dalle gambe degli ultimi del corteo
gli scacciacanguri dei fuoristrada.
Cavare sangue da una rapa non si può, ma molti credono ancora di sì.
A.D.
scorre l’acqua sulle puntute sassaie torrentizie…
Della scomparsa umanità restano simulacri e vestigia.
Pioveva.
La processione del venerdì delle Palme non s’è fatta.
Un tempo non importava.
Se pioveva c’erano gli ombrelli.
E le persone non si scioglievano come zucchero o sale.
Tenteranno l’ingrata sorte mercoledì.
Ritornerà, così, involontariamente,
la processione corta del Mercoledì santo.
Quella degli Uomini rossi.
Ma loro non ci saranno. Nemmeno il Giovanni da Sorasass.
Non se ne perdeva una.
Da Senigallia a Tesero ogni anno per immergersi in quel particolare spettacolo sacro.
Gli Uomini rossi:
il Niccolino Moretto, il Pasquale Magiaca, il Giovanni Giamboron, il Giovanni Zonca.
Erano una squadra affiatata.
Per la prima volta la guarderanno tutti dall’alto
la processione corta del Mercoledì santo.
Pomeridiana.
Le scuole chiudevano alle undici.
Vacanza.
Anche le botteghe chiudevano,
la produttività non assillava le proprietà.
C’era bisogno di sacro.
Il paese si fermava.
Dopo l’ultima Ora e l’Ora dei Confratelli.
Tra litanie in latino e candele che di tanto in tanto erano spente,
apparentemente a caso.
E poi, finalmente, la processione…
C’era silenzio.
Quale significato religioso nascondevano quelle tonache rosse,
cinte alla vita con uno spago?
Sangue? Vita? Sacrificio? Martirio?
Gli Uomini rossi incutevano sana alterità e rispetto.
Rispetto, sì, quel che oggi ci manca.
Sembriamo tutti uguali.
Ma è finto.
Allora eravamo più pari.
Dignitosi.
Non c’erano vigili a tener lontano dalle gambe degli ultimi del corteo
gli scacciacanguri dei fuoristrada.
Cavare sangue da una rapa non si può, ma molti credono ancora di sì.
A.D.
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