19/12/09

O.X.T. - OGGI ORE 17.00 TEATRO COMUNALE TESERO


Un’OrcheXtra Terrestre, dove la musica riesce per magia a miscelare assieme culture, profumi, colori e geografie, in una riuscita ricetta world music, dove il Salento ritrova il Magreb, il popolo del Vento riscopre l’ India, le Alpi incontrano i Balcani, Europa e Americhe si guardano allo specchio, in una vera e propria fusione tra Sud Nord Est ed Ovest. Lo sguardo è anche in su, oltre il cielo, verso altri pianeti ed orizzonti: Musiche dell’Altro Mondo, in una vera e propria atmosfera extra-terrestre.

Un’OrcheXtra-Terrestre che dopo un lungo viaggio nelle culture musicali terrestri atterrerà a Tesero stasera 19 dicembre al teatro comunale e in un'atmosfera molto particolare ragalerà all'uditorio una miscela di suoni, idiomi, profumi, colori e geografie della Terra.

Un’OrcheXtra-Vagante: musiche da viaggio, alla scoperta di continenti, stati, regioni e paesi: Africa (Mozambico, Tunisia), Europa (Bulgaria, Italia), Americhe (Brasile, Messico, U.S.A.) e Asia (India), fino alle regioni più remote della nostra Italia (Trentino, Puglia, Sicilia, Calabria) in compagnia di chi ha da sempre camminato attraverso tutte queste terre: il Popolo Viaggiante. E musiche in viaggio, nel mondo variopinto delle lingue e dei dialetti: il ronga-shangaan, uno dei più diffusi idiomi di origine bantu del Mozambico, il serbo-croato, l’arabo, il bulgaro, le lingue zingare ròmanes e sinti, il portoghese, l’italiano e i dialetti siciliano, salentino, griko e garganico.

Un’OrcheXtra-Comunitaria: un’orchExtra-Comunitaria, poco extra e molto comunitaria, in cui gli esseri umani si incontrano senza permesso di soggiorno, attraverso un linguaggio universale, la musica, che ci ricorda l’esistenza di una sola grande Comunità, quella del Pianeta Azzurro.

Tratto dal sito OXT

17/12/09

IL FILO ROSSO


Cari Evgeny e Lorenzo, ormai questo blog lo potremmo collettivizzare. Che ne dite? Visto che a quanto pare ce la suoniamo e ce la cantiamo soltanto tra di noi... Vi invito a postare direttamente, nella speranza che anche Settembrini si faccia vivo e si aggreghi. Ci manca il suo acume e la sua profondità d’analisi. Dagli ultimi vostri commenti vedo che siete leggermente stupiti del silenzio generale. Evgeny, a proposito dell’ultimo “regalo” mondiale, si domanda se tutto sia già stato metabolizzato nel paesello; se il pueblo ci è o ci fa. Per me ci è. Se mi permettete però un consiglio, non meravigliatevi più di nulla. Vivendo “alla foresta” forse ve lo siete dimenticato, qui è così! Spero che almeno ricordiate che la Teseranità è un coacervo assolutamente unico di comportamenti, riti e pensieri collettivi conditi di paura, reticenza, supponenza e dabbenaggine, che attraverso un filo rosso, dalla notte dei tempi, è arrivato immutato sino a noi. Un mix speciale, per gente speciale, che in una parola sola, come ben sintetizzano in quel di Cavalese, si dice concaggine. Cònco, tradotto in lingua dotta, significa minchione. Cioè sciocco, stupido, superficiale. Ma con accezione collettiva, appunto. Presi uno per uno siamo più o meno come tutti gli altri, è quando facciamo comunità che ci distinguiamo sempre per questa nostra caratteristica. Le Tieserade, raccolta di "perle" locali frutto di settant’anni di osservazioni e di appunti (che tra non molto proporremo ai lettori) ne sono la prova. Sono queste qualità, combinate nei modi più fantasiosi e improbabili, che danno la cifra di questo nostro strano paese. Cose note non solo fuori porta ma anche in luoghi lontani e studiate fra l’altro dall’insigne professor Torquato Spavaldi (IL MODELLO TESERO 7 PER UNA NUOVA UMANITA') di cui il blog a suo tempo riferì.
Mutatis mutandis le cose a Tesero procedono sempre allo stesso modo, cambiano le persone, i tempi, le situazioni, ma non si modificano le forme e la sostanza del comportamento e del pensiero collettivi. Stava non ha insegnato niente, checché ne pensino quelli che sulla sua memoria ci hanno edificato addirittura un tempio! Se fosse vero il contrario, dopo Stava Tesero avrebbe dovuto divenire, come minimo, il primo paese “despecularizzato” d’Italia. Vi ricordate in quel 17 luglio 1988, tra croci, preti, vescovi, uomini di tricolor fasciati, autorità di ogni risma e razza, discorsi pregni di circostanziale retorica, in quella piana di morte brulicante di persone accorse da ogni dove, quel “Mai più…” pronunciato dal papa? Ovviamente no, non c’eravate nemmeno, o quasi. Ma se andate su internet quelle parole (forse) le ritroverete. Cosa resta di esse? Niente. A cosa è servito quel monito? A niente.
Guardatevi intorno. Sul territorio si è speculato o no? Altro che sì, senza pudore e oltre ogni decenza. Iniziando a concepire quelle nuove forme di saccheggio territoriale, mutatis mutandis, appunto, non un anno dopo quel 19 luglio 1985, ma all’indomani! Come se nulla fosse successo, come se quei morti fossero stati delle semplici comparse sceniche, come se quell’alto monito fosse stato pronunciato dall’ultimo dei cappellani. E così le Tieserade, come in un infinito rosario, grano dopo grano, dal Nuovo ricovero Canal, alla bretella Porina – Valena dal Morto, tanto per citare le più prossime a noi, procederanno e si assommeranno legate a quel filo rosso sino alla fine dei tempi nell’indifferenza ebete di questa comunità.

Ario

15/12/09

I CÒNCHI DA TIESDO


Nel mentre a Copenhagen i governanti mondiali discutono, in modo più o meno convinto, sul come ridurre le emissioni di CO², a Cavalese, giovedì scorso 10 dicembre, gli amministratori comunali di Fiemme, su invito dei vertici provinciali, presenziavano all’illustrazione del piano valligiano della mobilità “sostenibile” in vista dei mondiali 2013. Come avevamo anticipato in un nostro vecchio post “MONDIALI: MISSIONE COMPIUTA. E ADESSO?”, all’indomani dell’assegnazione dei campionati di fondo in pentola bollono cose grosse. Esattamente quelle che in quel post avevamo previsto. Il consigliere di minoranza del comune di Tesero Alberto Carpella reduce da quell’incontro, ci fa sapere infatti che: “Prima di tutto ora è ufficiale la volontà di fare la strada di collegamento tra il fondovalle e la Valena dal Morto, lungo il versante di Porina e Pradestabio, dove è prevista l'entrata in una galleria che sbocca più o meno nella zona delle Valene (presumibilmente 200 metri più a valle dell’erigendo Nuovo Ricovero Canal n.d.r.). In questo modo si convoglierebbe lungo la valle di Stava anche il traffico turistico per Lavazè liberando il paese di Varena. (...) Secondo intervento rilevante: tunnel di attraversamento di Cavalese. A seguire una serie di rotatorie sulla S.S.48. Il tutto per liberare la stessa S.S.48 dal traffico veicolare leggero e pesante e consentire sulla statale il solo passaggio dei mezzi pubblici: l'intento di fondo, di liberare la S.S.48 dal traffico, è lodevole ma perseguirlo con la costruzione di ulteriore viabilità mi pare illogico. Il bello è che l’ultimazione di tutti questi interventi è prevista entro gennaio 2013. (...) Ai vari consigli comunali viene richiesta la condivisione di questo piano per procedere con le varie progettazioni; è chiaro però che tutto è già in avanzato stato di studio. Dobbiamo solo prenderne atto, come sempre.”
Tutto questo perché? si chiederà un attento e frastornato teserano non riuscendo proprio più a capire sin dove ci si voglia spingere e dove si voglia arrivare. Risposta: perché urge togliere a Cavalese (soprattutto) e a Varena il traffico di transito per Pampeago e per Lavazé. Ottimo! E allora? Allora, scaltramente, i Lóvi cavalesani (in questo caso più volpi che lupi), grazie all’attivismo del loro assessore provinciale Gilmozzi, hanno ben pensato che per risolvere una loro necessità interna (niente affatto risolta dalla strada di fondovalle, a suo tempo apposta realizzata!) questa sarebbe stata l’occasione da non farsi scappare. E così sarà: Cavalese verrà liberato dal traffico per Pampeago e Lavazé scaricandone su Tesero l’impatto ambientale. Che, in fondo, a pensarci è anche giusto. Tanto, diranno a Cavalese, quei Cònchi da Tiesdo le lezioni non le imparano mai e del loro territorio – basta guardare – non gliene frega proprio niente. Libereranno quindi Cavalese dal traffico, mentre le colate di cemento e di asfalto le faranno sulla seconda zona per importanza agricola di Tesero. I Cònchi i pagón fóra con ‘n póca de gloria zo a l’Aquila. ridono furbi i Lóvi. Che vadano in Abruzzo quei Cònchi minchioni con il loro solito patetico presepio a rappresentare la Provincia presso i terremotati… Loro (i Cònchi) di più non chiedono e di tanto si accontentano…
Ragionando meno campanilisticamente (ma siamo sempre noi Cònchi che rinunciamo al campanile, mai i Lóvi!) l’intento provinciale (in linea di principio) potrebbe anche essere condivisibile e accettabile. Ma ci domandiamo se in realtà la presunta riconversione modale della 48 non sia invece il classico cavallo di Troia per giustificare lo scempio su Tesero e zittire le possibili (ancorché improbabili) dissidenze che eventualmente potrebbero emergere prima dell’inizio dei lavori. Il fatto è che per la P.A.T. il problema del finanziamento delle opere pubbliche non esiste, dunque la questione da risolvere non è mai quella - altrove fondamentale - di dove e come reperire le risorse per fare, ma come conciliare questa necessità di fare infrastrutture (che gli eventi “irripetibili” rilanciano continuamente) con la sempre più impellente necessità di risparmiare il patrimonio primario su cui basa il turismo, ovvero il territorio. Come è chiaramente intuibile più si va avanti più questa conciliazione diventa esercizio insostenibile. A maggior ragione quando, come in questo caso e come ben osserva Carpella, le finalità dichiarate dovrebbero casomai comportare un alleggerimento e non un appesantimento infrastrutturale. A questo punto è quindi inevitabile porsi le fatidiche seguenti domande: perpetrato l’ennesimo sacrificio territoriale, questa volta a carico quasi esclusivo del comune di Tesero, chi garantirà che la statale 48 venga messa a disposizione effettivamente ed esclusivamente del trasporto pubblico? E chi imporrà poi ai fiemmazzi, auto-dipendenti oltre ogni misura, di entrare nell’ordine di idee di modificare i propri comportamenti individuali e far sì che la nuova modalità di trasporto abbia una sua reale ragion d’essere? Se tanto ci dà tanto (e ad esempio consideriamo quanta opposizione abbia avuto proprio a Tesero una semplice e parziale revisione dei flussi di traffico interni) come possiamo credere che poi Tizio, Caio e Sempronio lascino volontariamente in garage i propri fuoristrada e si convincano che la cosa migliore per recarsi a Cavalese o a Predazzo, a partire dal 2013, sarà prendere l’autobus? È evidente che senza, prima di tutto, un profonda (e a quanto ci risulta non prevista tra le cose da fare) azione culturale, nessuna infrastruttura aggiuntiva garantirà un alleggerimento reale degli attuali volumi di traffico privato in valle. A meno che poi, fatte queste infrastrutture, non si renda obbligatorio l’uso del mezzo pubblico, il che ci pare abbastanza improbabile.
Alla luce di queste considerazioni sarebbe dunque logico attendersi che il Consiglio comunale di Tesero valutasse attentamente la proprosta concepita dai vertici della P.A.T. (che in realtà, come abbiamo detto, parte da una idea cavalesana, pro domo sua) e per una volta tanto avesse il coraggio di far valere con forza la propria potestà territoriale. Purtroppo, dato che ancora una volta l’occasione “irripetibile” incrocia interessi e stimola appetiti che transitano, manco a dirlo, attraverso l’immarcescibile signor P, difficilmente l’analisi nel merito del consesso comunale teserano, come quasi sempre accade in questi casi, risulterà approfondita, serena e dis-interessata. Staremo a vedere. Il consigliere Carpella realisticamente è sconsolato, e non gliene possiamo dar torto, ma c’è da augurarsi che, nella ancorché inutile discussione, la minoranza consiliare evidenzi con forza perlomeno le contraddizioni testé ricordate e non manchi soprattutto di sottolineare l’imperdonabile sacrificio ambientale che graverà poi per sempre sul nostro paese.

L’Orco


PASSAPAROLA - 14/12/2009

13/12/09

HOPE-LESS-NHAGEN


Hopenhagen è lo sponsor che si sono inventati in Danimarca in occasione della conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, per richiamare la speranza che un accordo vero sia raggiunto nella capitale danese, il quale permetta finalmente la svolta ecologica che il mondo ambientalista – e l’industria del rinnovabile – si aspettano. Stando alle dichiarazioni delle ultime settimane però, Hopenhagen è diventata Hopelessnhagen: la speranza, cioè, si è fatta fievole, quasi è svanita. Perché?
Il primo argomento scottante riguarda la necessità (o meno) di ridurre le emissioni di gas serra. Le Nazioni Unite, tramite il loro apposito organismo, l’IPCC, sostengono la tesi che il cambiamento climatico sia effettivamente provocato dall’uomo, e che da esso possa anche essere neutralizzato. Questa posizione è sostenuta, ovviamente, anche dall’industria del rinnovabile e da altre aziende che, in contraddittoria sintonia con il sistema che a questo ci ha portato, utilizzano i prodotti “verdi” per potenziare la propria posizione nel mercato, puntando più ad un improbabile consumismo sostenibile che ad un più intelligente non consumo. Altri invece, i cosiddetti “climate change skeptics”, sostengono che il cambiamento climatico sia dovuto a cause tutt’altro che antropologiche, derivando invece, per esempio, dall’attività solare o dall’impatto di raggi cosmici creati da fenomeni astronomici fuori dalla nostra portata. Peraltro, la critica dei suddetti scettici raramente si accompagna ad una giustificazione scientifica. Anche quando tale argomentazione è stata presentata, mai, almeno fino ad ora, è sembrata solida e convincente.
Intanto le lobby del petrolio e del carbone inviano decine di delegati nei parlamenti del mondo occidentale per convincere la classe dirigente a non promuovere un accordo significativo al vertice ONU, organizzando anche campagne pubblicitarie volte a plasmare il pensiero dell’opinione pubblica in tale direzione. Una parte della classe politica si è subito gettata a capofitto in tale campagna, che fa della disonestà intellettuale il proprio motore primo e del profitto a breve termine il proprio fine. Un esempio lampante è rappresentato dal partito repubblicano statunitense, che tramite alcuni suoi membri sostiene la miope tesi che un’eventuale svolta verde sarebbe dannosa per l’economia – soprattutto a causa di un taglio di posti di lavoro. Dov’è il buon senso? Il bisogno di sviluppare nuove tecnologie ed implementare quelle esistenti, secondo i saccenti senatori repubblicani, porterebbe ad una sicura contrazione dell’occupazione – semplicemente irrazionale!
Ma il punto è un altro: al di là di discussioni più o meno dotte sulla veridicità degli studi presentati dalla IPCC, tra l’altro minata dal recente furto di e-mail ai danni degli studiosi dell’organizzazione, che rivelerebbe un ipotetico trucco usato per mascherare alcuni dati, ciò che tutti dovremmo chiederci è se il problema stia veramente nelle dispute sull’effetto serra o piuttosto nel rapporto che l’uomo ha avuto con il pianeta negli ultimi due secoli. La gente dovrebbe imparare a domandarsi se lo sfruttamento indiscriminato delle risorse che è stato portato avanti finora è razionale o meno, indipendentemente dal fatto che provochi il riscaldamento dell’atmosfera. Il concetto di sostenibilità dovrebbe, nella coscienza dei cittadini, andare oltre a quello di contrasto dell’effetto serra, portando ad un atteggiamento intrinsecamente rispettoso delle risorse del pianeta, senza bisogno di altri spauracchi. Il semplice fatto che il nostro pianeta dispone di risorse finite, dovrebbe logicamente portarci a ragionare in tal modo.
Oltre che sulla riduzione di emissioni di CO2, poi, un forte disaccordo è presente sui cosiddetti fondi per adattamento e mitigazione, che i Paesi sviluppati dovrebbero mettere a disposizione di quelli in via di sviluppo per facilitarne l’adattamento ai cambiamenti climatici già in atto e contribuendo ad una loro crescita sostenibile. In poche parole, i Paesi emergenti e quelli più poveri pretendono che l’Occidente saldi il suo debito di carbonio per mezzo di una compensazione. Insomma, vogliono che il mondo sviluppato riconosca che il suo sviluppo si è basato su un’economia che ha creato dei danni all’intero pianeta. L’alternativa alla compensazione sarebbe lasciare che i Paesi in via di sviluppo portino avanti una crescita dettata meramente da criteri economici, con conseguenze imprevedibili.
Solo considerando queste prime e semplici sfumature, si capisce quanto il problema sia complesso e quanto sia improbabile che un accordo venga raggiunto nei prossimi giorni. Alcuni affermano che la democrazia non potrà mai portare ad una decisione importante in merito, in quanto il periodo di tempo verso cui essa dovrebbe rivolgersi va ben oltre quello di un normale mandato legislativo e, si sa, la classe dirigente normalmente ritiene la poltrona più importante dell’effettiva soluzione del problema, soprattutto quando essa richiede scelte impopolari. (Anche se, siamo poi sicuri che sarebbero così impopolari??) Questo tema è affrontato da pochi, ma potrebbe essere più rilevante di ciò che si pensa. Per questo le considerazioni dei paragrafi precedenti sono fondamentali. Le alternative sono tre. 1) Non agire puntando tutto sul fatto che la scienza può sbagliare. 2) Superare il problema in maniera non democratica, sperando che una classe dirigente dittatoriale – ma saggia – si instauri. 3) Spingere al cambiamento con una democrazia che parta dal basso, e cioè con l’adozione di una coscienza verde e responsabile collettiva.
Quale sarebbe la scelta più sensata? Probabilmente la terza. Ma potrebbe essere troppo tardi. Intanto tutti stanno passivamente a guardare cosa succede a Copenhagen, sperando che il lume della ragione (o lo spirito santo, per alcuni) riesca ad intrufolarsi nella conferenza. Ed è una sconfitta per l’umanità vedere come una scelta così determinante debba essere affidata a un pugno di politici, quando dovrebbe semplicemente essere dettata dal senso comune. D’altronde, Bertrand Russell profeticamente diceva che “… uno dei mali della nostra epoca consiste nel fatto che l’evoluzione del pensiero non riesce a stare al passo con la tecnica, con la conseguenza che le capacità aumentano, ma la saggezza svanisce. Riflettendo un po’ sui comportamenti nostri e di chi ci circonda, non si riesce proprio a dargli torto.

A. Jorden

(ringraziamo l'autore, A.Jorden, esperto in energie alternative e fonti rinnovabili, che in esclusiva firma il suo primo post e inizia la sua collaborazione al blog)

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

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foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

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Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

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Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

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SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

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MINU

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