05/11/09

CROCIFISSI E IPOCRISIE


Per la serie “le grandi bufale”, ovvero come attaccarsi a questioni di forma quando la sostanza è ormai scomparsa da tempo, abbiamo assistito in questi giorni alla reazione indignata dei “patrioti”, dei “difensori della tradizione”, dei “crociati delle radici”, di fronte alla decisione della corte di giustizia europea di eliminare il crocifisso dalle scuole dello stato. Ora, la decisione della corte si pone in un ottica consequenziale con tutta la sua precedente giurisprudenza, nel momento in cui rimarca la laicità dell’unione e insiste sull’integrazione con diverse culture, la democraticità, bla bla bla.
Niente di nuovo sotto il sole di Strasburgo si direbbe. Del resto cosa c’è di strano? Non è un mistero che l’unione europea, cosi come altre organizzazioni internazionali, si muovano in un ottica globalizzata e globalizzante, in cui, in nome della “democrazia”, del “progresso economico” del “libero mercato” e via dicendo, le specificità locali vanno cancellate in funzione dei meccanismi del mercato e del sistema produttivo.
In effetti le religioni per i signori dell’economia e del progresso sono uno sgradevole contrattempo. Non ci riferiamo al cattolicesimo/cristianesimo, che ormai è una parvenza di se stesso (come del resto ha ampiamente meritato: non staremo qui a dilungarci sulla scandalosa espressione “radici giudaico-cristiane dell’Europa, espressione che ci fa accapponare la pelle, specie visti i natali di tale religione che di europeo ha ben poco), ma ad esempio all’islamismo. Che noiosi questi arabi! Perché non vogliono aprirsi alle novità e al progresso, e aprire i loro mercati a tutta la manna che il capitalismo (non solo a stelle e strisce) potrebbe riversargli?
Nell’ottica di questi signori, il laicismo è sicuramente la strada migliore. Tutti laici, tutti uniti sotto la nuova fede: il consumo. Il mercato. La produzione. Tutti “battezzati in un mare di coca-cola”.
Ma lo scopo di questo articolo è altro. Le reazioni da “rigor mortis” che si sono avute in Italia alla sentenza della corte europea, ricordano molto quelle di un cadavere che dia qualche sussulto e lo scambi per esistenza.
Ma come? Viviamo in un paese in cui la morale, i valori, la dignità, sembrano oggetti d’antiquariato da relegare in soffitta; un edonismo straccione percorre le nostre esistenze, orientate ad accaparrare, a guadagnare, a spendere, alla posizione, a tutto quando è materiale, egoistico e transitorio. Ognuno manda avanti come può il suo orticello, nell’emulazione pedissequa di veline e tronisti, nella speranza di capitare accanto a loro in qualche locale alla moda, o in spiaggia, facendosi magari le rate per millantare una posizione che non ha. Siamo il paese delle quattro mafie, dello stato colluso, della depravazione assurta al rango di lecita scelta di vita (e gli sconci dibattiti televisivi sui motivi che spingono gli uomini ad andare a transessuali di questi giorni ne sono una prova). E improvvisamente, in un rigurgito di “radici” di “senso del sacro”, della “nostra civiltà” tutte queste anime belle si riscoprono “ferventi” cattolici, inorriditi dal fatto che questi “usama” (come li chiamava la Fallaci nella sua demenza senile), vogliamo togliere il crocifisso dalla scuole, primo passo per la nostra islamizzazione.
Verrebbe da rilevare che una civiltà forte, sicura di sé e dei propri valori, coesa, non ha paura del confronto con le altre, perché sa che non perderà nulla di sé, sa quali sono le sue radici (senza le virgolette stavolta). Il terrore che proviamo dinnanzi agli islamici deriva dal fatto che non abbiamo più alcun valore fondante e sociale da opporgli: la loro coesione, la loro disciplina, alfine anche la loro capacità di morire per ciò in cui credono, noi lo chiamiamo fanatismo, perché non riusciamo a spiegarci come qualcuno possa scegliere la morte in un mondo che offre tanta “robba” di cui fare incetta.
Questi araldi della “forma senza sostanza”, quelli che la domenica sono in chiesa, che ripetono le litanie a memoria senza averle mai analizzate o vissute sulla pelle, che improntano la loro vita a valori che sono tutto tranne che cristiani o cattolici, o ancor meno spirituali e alti, sono stati ovviamente supportati immediatamente dal vaticano che si è sentito oltraggiato. Difatti non importa che la società sia ormai sfaldata, che la televisione bombardi senza pietà milioni di persone con messaggi deleteri (quella stessa televisione che poi spende qualche lacrimuccia della domenica, con psicologi ed “esperti” vari che si interrogano su cosa “non va”); non importa che il pensiero dominante della maggior parte della gente sia il consumo, la posizione, lo squallido e frenetico sballo del “week end”: l’importante è la forma, perdiana! Quindi lasciamo il crocifisso nelle aule italiane! Dopodichè se le ragazzine qualche metro più in la si vendono nei bagni per una ricarica del cellulare, se c’è un tasso di violenza e disperazione già tra i giovani altissimo, be' questi sono i tempi, e del resto il vaticano a parte qualche timido belare della domenica, non sembra certo intransigente con chi ha portato a questa situazione. Il quadro è a tinte fosche. Ma non preoccupatevi. Noi abbiamo il crocifisso appeso nelle scuole che veglia su di noi.
Ed è questo che noi attacchiamo. Se da un lato la spiritualità sembra essere l’unico freno al nichilismo imperante, alla morte di qualsiasi senso sociale e di comunità, unico centro di coesione di un occidente sfaldato e al suo tramonto, noi, nonostante l’avversione personale per il cristianesimo/cattolicesimo, che porta in seno già dalla sua comparsa, i germi di tutto quello che verrà dopo (dal capitalismo, alla rivoluzione francese, all’invenzione dell’intolleranza religiosa), siamo disposti ad accettarlo.
Ma vorremmo che la chiesa si infervorasse e si scagliasse contro questa società senza pietà, sapendo di combattere una battaglia epocale, senza “travestirsi” di moderno, per accattivarsi le simpatie di giovani e liberal, senza scendere a patti con questo sistema marcio con cui nessun compromesso valoriale può essere tentato.

Fabio Mazza

CINQUE NOVEMBRE

04/11/09

IL CONSENSO



Gentile lettore, ti chiedi stupito come mai a mie precise domande, incluse in un vecchio post, l’assessore destinatario di quello scritto non si fosse preoccupato di rispondere né, men che meno, alcun altro lettore fosse intervenuto nel merito della questione lì trattata. Credo che le ragioni sostanzialmente siano queste. La prima, che generalmente all’amministratore locale (per intenderci quello della stanza dei bottoni, non il semplice consigliere), manchi l’umiltà di capire che 100 o 200 voti, ricevuti estorcendo il consenso con qualche ammiccamento o qualche giro di birre pagato in osteria, non modificano affatto le sue capacità e il suo sapere. Ma il fascino del potere attrae. E ci si butta. A volte, raramente, con caparbietà e convinzione disinteressate, più spesso semplicemente con arroganza interessata. Quasi sempre comunque col rischio (per la comunità) di non essere all’altezza del compito. E se poi per avventura, dopo cotanta scorpacciata di consenso, ci si ritrova ‘dentro’, ci si improvvisa addetto ai lavori, senza il minimo cruccio, anche quando l’esperienza, la competenza e la sensibilità sono prossime o pari allo zero. Questo è il clamoroso limite del cosiddetto sistema democratico. La seconda, che non c’è abitudine al confronto sulle cose e all’analisi preventiva delle conseguenze dell’azione amministrativa. Confronto e analisi che, proprio per quei limiti anzidetti, dovrebbero essere i più ampi e approfonditi possibili. Cito a questo proposito due esempi recenti di superficialità d’analisi, le cui problematiche conseguenze, come qui quasi sempre accade, diverranno di pubblico dominio a cose fatte: le localizzazioni del nuovo ricovero e della sede della scuola musicale. Riguardo al mancato intervento nel merito dei lettori, credo che esso possa essere conseguenza dell'abitudine molto diffusa a non mettersi in gioco per niente rischiando con buona probabilità l’ostracismo. Preferendo, di gran lunga, attendere che qualche Don Chisciotte prenda posizione e poi farci sopra una risata di nascosto.
Il tuo commento mi offre peraltro l’occasione per pubblicare uno stralcio di una lettera che inviai al Sindaco nel 2006 rispondendo ai suoi piccati appunti (coi quali mi tacciava di presunzione, malafede e “falso perbenismo”) a proposito di una serie di considerazioni a mia volta precedentemente inviate ad alcuni amministratori comunali.

L'Orco



(omissis)… Con riferimento alla tua conclusione nella quale dici che la mia (presunta) malafede farebbe apparire il vostro operato di amministratori come intenzionalmente volto a fare il male del nostro paese, ti rispondo dicendoti che il bene di una comunità è un concetto assolutamente relativo che viene interpretato da ogni singolo cittadino a seconda della propria sensibilità. Constato che codesta Amministrazione decide e agisce. Fa ovviamente molto: cose necessarie e non, a volte fatte bene, a volte meno, a volte male. Ma non fa, in assoluto, IL BENE DEL PAESE. Dopodiché puoi essere o non essere sulla mia stessa ‘lunghezza d’onda’ del sentire le cose e dell’interpretare il concetto di bene pubblico. Secondo la mia interpretazione di tale concetto sono convinto che con pochissimo sforzo economico ma con piglio deciso si potrebbe dare una svolta di stupefacente qualificazione al paese. Per fare ciò sarebbe necessario ascoltare le idee e possibilmente lasciarsi ‘contaminare’ anche da coloro che non la pensano allo stesso modo (e non solo sulla questione qui trattata) di chi, anche attraverso la detenzione del potere, da troppo tempo determina lo stile di questa Comunità. Purtroppo come dicevo anche a Lia, qui a Tesero, tutto ciò che non è autoreferenziale e cioè emanazione diretta di persone o enti ‘riconosciuti’, non merita ascolto. E per venire ‘riconosciuto’ devi condividere le impostazioni predefinite. Se le condividi allora e solo allora puoi dire la tua e ottenere un qualche ‛riconoscimento’ ed entrare a tua volta nel sistema autoreferenziale. Altrimenti no! È un circolo chiuso che, appunto per questo impedisce alle idee diverse di farsi strada e di venire fuori. Qui il ragionamento comporta di toccare anche il problema non secondario della rappresentanza politica, le ragioni che la determinano e il fatto che il suffragio universale è spesso un ottimo alibi per giustificare decisioni del tutto oligarchiche. Non sono sufficientemente cretino per credere che la ‘democrazia’ corrisponda all’autentica Volontà popolare intesa come somma delle volontà individuali. Massimamente allorquando ci troviamo al cospetto di sistemi elettorali che determinano i rapporti di forza in modo automatico e con nettissima preponderanza della parte vincente anche quando l’esito della ‘tenzone’ elettorale registra differenze minime tra i competitori. Ricordo che 16 anni fa (quando all’epoca eri segretario della locale sezione della D.C.) in uno degli incontri post-elettorali cui partecipavi anche tu, ‘tirasti fuori’ l’indimenticabile locuzione metaforica “‘Na òlta par òn le ciave de l’òlto”. Essa inequivocabilmente voleva significare che pur cedendo obtorto collo lo scranno di sindaco a Zeni il tuo gruppo pretendeva l’impegno dello stesso Zeni a riconsegnare la poltrona di sindaco alla D.C. la volta successiva. E così fu. E le consegnò proprio a te. Ma tu quelle stesse chiavi dopo il tuo primo quinquennio da Sindaco te ne sei ben guardato di cederle a qualcun altro! E grazie al vigente sistema elettorale te le tieni in tasca da 11 anni e le terrai ancora per 4. Quando si dice l’ironia della sorte! Proprio questa protratta ‘custodia delle chiavi’ (del tutto legittima, ben s’intende!) e quindi del potere di decidere, comporta lo svuotamento del significato più intimo della parola democrazia e cioè di potere del popolo. In realtà il popolo non decide alcunché. E il popolo non investe nessuno di chissà qual potere. Il popolo, nell’esercizio del voto, agisce per riflessi condizionati. Sulla base di simpatie o antipatie epidermiche, di legami parentali, di antichi pregiudizi o semplicemente di piccole convenienze. Il tutto, spesso, con un livello di riflessione molto basso. Ma è naturale che sia così. È ovvio e del tutto logico. Sarebbe perciò importante riconoscerlo, soprattutto quando ci si trova, pro tempore, nella funzione di decisore. Qui mi interrompo perché dovrei toccare troppi altri argomenti. E ti sottrarrei troppo tempo. Mi sembrava però giusto fare questa breve digressione tanto per ricordarti che c’è anche chi non dimentica le cose ed è in grado di giudicare le parole dette e scritte, nonché i fatti. E soprattutto di avere un’opinione. Magari non sono molti e sono pure presuntuosi, magari, quei pochi, sono anche in malafede o magari, addirittura, sono dei “falsi perbenisti”, ma in ogni modo, ci sono!

Ciao e grazie.

Tesero, 13 settembre 2006

02/11/09

PASSAPAROLA - 02/11/2009

L'ITALIA VISTA DA PARIGI: CHE BRUTTO FILM


Vista da qualche chilometro di distanza, per esempio dai boulevard autunnali di Parigi, l'Italia appare dentro allo schermo virato al nero e al viola di un brutto film dove tutto sembra di cartapesta, tranne le lacrime. Il film procede per accumulo, come la tensione nelle centrali elettriche prima del blackout. L'economia è a pezzi, stanno per chiudere migliaia di fabbriche. Le piogge trascinano paesi a valle. Terremotati rabbrividiscono sotto la neve. Nel frattempo, il premier, dopo avere trascorso una notte con una prostituta su un letto che viene direttamente dagli archivi della vecchia Mosca, sparisce per tre giorni a San Pietroburgo in compagnia dello zar di Gazprom. In patria i suoi ministri si accapigliano. Il debito pubblico va fuori controllo. Il governatore del Lazio si fa filmare da due carabinieri infedeli mentre gioca al dottore con un transessuale che si chiama Natalie e che è seriamente innamorata di lui, i due si incontrano due volte la settimana, da 7 anni. Altri carabinieri presidiano l'uscio di casa Mastella a Ceppaloni, stanno cercando lui e sua moglie che gridano al complotto. A Palermo si indaga se lo Stato, durante la stagione delle stragi, abbia trattato con la mafia oppure no. Mentre a Milano un pool di magistrati arresta un paio di imprenditori legati a un altro celebre governatore, il molto devoto Roberto Formigoni. Si attende da un minuto all'altro che esploda un vulcano o almeno una pestilenza per ripulire l'Italia dai peccatori. Anche se non è mai detto: il finale è a sorpresa, e comunque prima passeranno i gelati e la pubblicità.

Pino Corrias

01/11/09

MASTERPIECE



The King's Singers è molto probabilmente il gruppo vocale a cappella attualmente più blasonato e conosciuto a livello mondiale. Vincitore di numerosi premi, tra cui il Grammy Awards, il gruppo prende il nome dal già famoso Choir of King's College di Cambridge, luogo questo dove vide la luce nel 1968 grazie a sei studenti del famoso e storico Coro ma prendendo spunto ed ispirazione dalle grandi formazioni vocali che influenzarono definitivamente il genere "a cappella" tra gli anni '30 e '60 del Novecento, come i Comedian Harmonists, il gruppo vocale jazz The Hi-Lo's ed i Mastersingers. Lungo i due decenni 1970-'80 la sua popolarità si estese non solo entro il territorio inglese ma anche oltre, soprattutto negli Stati Uniti dove venne regolarmente invitato da Johnny Carson a partecipare al talk show da lui diretto; ma era solo l'inizio: dagli anni Novanta in poi il gruppo continuò ad esprimersi soprattutto tra Europa, Stati Uniti ma anche in Giappone e più recentemente in Cina. Il 30 Aprile 2008 i King's Singers si esibirono nella celebre Cadogan Hall, a Londra, in occasione della celebrazione del loro quarantesimo anniversario, mentre la loro ultima incisione discografica, dal titolo "Simple Gift" (2008), ha vinto, nel Febbraio 2009, il Grammy Awards come migliore album di musica classica. Attualmente la vasta produzione discografica e l'intensa attività concertistica svolta in tutto il mondo (circa 125 concerti all'anno) lo rende senza ombra di dubbio uno dei gruppi più importanti e più apprezzati in assoluto.

da Wikipedia

INCANTO NOTTURNO

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Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

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Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

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MINU

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