06/12/09

INVITO ALLA LETTURA


Apriamo oggi una nuova rubrica, ideata da Ezio, “Invito alla lettura”, perché leggere, oltre che piacere, è esercizio fondamentale per capire, conoscere e… conoscersi. Osservava infatti Proust che “ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in sé stesso.” “Invito alla lettura” non avrà, per il momento, cadenza definita. Vedremo se, strada facendo, questo appuntamento sarà gradito ai lettori e se gli stessi vorranno farci pervenire commenti e considerazioni sui libri proposti (o proporne essi stessi). Per cominciare Ezio suggerisce la lettura del romanzo di José Saramago, CECITÀ, pubblicato da Einaudi, definito da taluni lettori agghiacciante, sconvolgente, attraente, sensuale, crudo, profondo, riflessivo, passionale.

RECENSIONE DEL LIBRO


In un città qualunque, di una Nazione qualsiasi, in un tempo indefinito (e per questo spazio e tempo divengono universali), all'improvviso, nel tran-tran quotidiano (tanto è vero che il primo ad essere colpito è un uomo fermo ad un semaforo), esplode un'epidemia di cecità. Una cecità contagiosa che si trasmette non si sa come. Il Governo correrà immediatamente ai ripari e, pur ignorando in che modo si diffonde l'epidemia, isolerà i primi ciechi (che ben presto diverranno centinaia), in un ex manicomio, impedendo loro qualsiasi contatto con l'esterno. Questa cecità non solo è più contagiosa e si diffonde più rapidamente di un'influenza, ma per di più è bianca. "E' come essere immersi in un mare di latte ad occhi aperti", dirà uno dei ciechi. Già…."uno dei ciechi" . Ma chi? Cosa importa? Sono, (siamo !?!?!?) tutti ciechi. Non solo gli uomini, anche Dio (leggete e capirete cosa intendo). I personaggi del romanzo, infatti, rimarranno sempre "anonimi": niente Bruno, Mario, Lucia, Carla... no, no! Saranno semplicemente il primo cieco, il medico, la ragazza con gli occhiali scuri, il bambino strabico, il vecchio con la benda nera…. Il lettore accompagnerà questi ed altri personaggi guidato dagli occhi della moglie del medico, l'unica misteriosamente scampata al "mal bianco". Ella, infatti, per stare accanto al marito, si unirà agli altri ciechi, nascondendo loro di non aver perso la vista. Non intendo dirvi cosa accadrà all'interno dell'ex manicomio e poi fuori (perché i reclusi abbandoneranno quella specie di lager e scopriranno che tutto il mondo è divenuto cieco). Né se recupereranno la vista… Dovrete avere l'amabilità di leggere il libro. Vi basti sapere che sarà un autentico inferno. I ciechi vivranno nell'orrore senza vederlo, gli passeranno accanto forse solo intuendolo. A chi legge, invece, non andrà altrettanto liscia atteso che quell'orrore lo vedrà attraverso gli occhi della moglie del medico. E, infatti, il lettore "vedrà" come si perde l'etica, il rispetto, la dignità e come nascono i soprusi e la violenza. "E' una vecchia abitudine dell'umanità, passare accanto ai morti e non vederli….Non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo…. Ciechi che, pur vedendo, non vedono…. Il mondo è pieno di ciechi vivi". Può sembrare, (ed è di certo), una metafora fin troppo banale e scontata. Il classico "Non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere" . Ma è magnificamente resa, (e forse la grandezza di uno scrittore sta anche in questo: rendere grande una cosa semplice fino quasi alla banalità). Tenendo presente che il titolo originale del libro è "Saggio sulla cecità" , probabilmente si capisce meglio l'intento di Saramago che, sono parole sue, dice: "Volevo raccontare le difficoltà che abbiamo a comportarci come esseri razionali, collocando un gruppo umano in una situazione di crisi assoluta. La privazione della vista è, in un certo senso, la privazione della ragione. Quello che racconto in questo libro, sta succedendo in qualunque parte del mondo in questo momento". Insomma: un vero e proprio incubo, angosciante ma bello e ben raccontato. Due parole sulla punteggiatura: non esiste. Pochi paragrafi, solo punti e virgole e niente virgolette a "circoscrivere" il racconto diretto. In altri termini: tutto di fila, tutto di un fiato. Proprio come si legge il romanzo.
Chebarbachenoia (2006)

Fonte: http://leggiamo.altervista.org/narrativa_cecita.htm


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