04/11/09

IL CONSENSO



Gentile lettore, ti chiedi stupito come mai a mie precise domande, incluse in un vecchio post, l’assessore destinatario di quello scritto non si fosse preoccupato di rispondere né, men che meno, alcun altro lettore fosse intervenuto nel merito della questione lì trattata. Credo che le ragioni sostanzialmente siano queste. La prima, che generalmente all’amministratore locale (per intenderci quello della stanza dei bottoni, non il semplice consigliere), manchi l’umiltà di capire che 100 o 200 voti, ricevuti estorcendo il consenso con qualche ammiccamento o qualche giro di birre pagato in osteria, non modificano affatto le sue capacità e il suo sapere. Ma il fascino del potere attrae. E ci si butta. A volte, raramente, con caparbietà e convinzione disinteressate, più spesso semplicemente con arroganza interessata. Quasi sempre comunque col rischio (per la comunità) di non essere all’altezza del compito. E se poi per avventura, dopo cotanta scorpacciata di consenso, ci si ritrova ‘dentro’, ci si improvvisa addetto ai lavori, senza il minimo cruccio, anche quando l’esperienza, la competenza e la sensibilità sono prossime o pari allo zero. Questo è il clamoroso limite del cosiddetto sistema democratico. La seconda, che non c’è abitudine al confronto sulle cose e all’analisi preventiva delle conseguenze dell’azione amministrativa. Confronto e analisi che, proprio per quei limiti anzidetti, dovrebbero essere i più ampi e approfonditi possibili. Cito a questo proposito due esempi recenti di superficialità d’analisi, le cui problematiche conseguenze, come qui quasi sempre accade, diverranno di pubblico dominio a cose fatte: le localizzazioni del nuovo ricovero e della sede della scuola musicale. Riguardo al mancato intervento nel merito dei lettori, credo che esso possa essere conseguenza dell'abitudine molto diffusa a non mettersi in gioco per niente rischiando con buona probabilità l’ostracismo. Preferendo, di gran lunga, attendere che qualche Don Chisciotte prenda posizione e poi farci sopra una risata di nascosto.
Il tuo commento mi offre peraltro l’occasione per pubblicare uno stralcio di una lettera che inviai al Sindaco nel 2006 rispondendo ai suoi piccati appunti (coi quali mi tacciava di presunzione, malafede e “falso perbenismo”) a proposito di una serie di considerazioni a mia volta precedentemente inviate ad alcuni amministratori comunali.

L'Orco



(omissis)… Con riferimento alla tua conclusione nella quale dici che la mia (presunta) malafede farebbe apparire il vostro operato di amministratori come intenzionalmente volto a fare il male del nostro paese, ti rispondo dicendoti che il bene di una comunità è un concetto assolutamente relativo che viene interpretato da ogni singolo cittadino a seconda della propria sensibilità. Constato che codesta Amministrazione decide e agisce. Fa ovviamente molto: cose necessarie e non, a volte fatte bene, a volte meno, a volte male. Ma non fa, in assoluto, IL BENE DEL PAESE. Dopodiché puoi essere o non essere sulla mia stessa ‘lunghezza d’onda’ del sentire le cose e dell’interpretare il concetto di bene pubblico. Secondo la mia interpretazione di tale concetto sono convinto che con pochissimo sforzo economico ma con piglio deciso si potrebbe dare una svolta di stupefacente qualificazione al paese. Per fare ciò sarebbe necessario ascoltare le idee e possibilmente lasciarsi ‘contaminare’ anche da coloro che non la pensano allo stesso modo (e non solo sulla questione qui trattata) di chi, anche attraverso la detenzione del potere, da troppo tempo determina lo stile di questa Comunità. Purtroppo come dicevo anche a Lia, qui a Tesero, tutto ciò che non è autoreferenziale e cioè emanazione diretta di persone o enti ‘riconosciuti’, non merita ascolto. E per venire ‘riconosciuto’ devi condividere le impostazioni predefinite. Se le condividi allora e solo allora puoi dire la tua e ottenere un qualche ‛riconoscimento’ ed entrare a tua volta nel sistema autoreferenziale. Altrimenti no! È un circolo chiuso che, appunto per questo impedisce alle idee diverse di farsi strada e di venire fuori. Qui il ragionamento comporta di toccare anche il problema non secondario della rappresentanza politica, le ragioni che la determinano e il fatto che il suffragio universale è spesso un ottimo alibi per giustificare decisioni del tutto oligarchiche. Non sono sufficientemente cretino per credere che la ‘democrazia’ corrisponda all’autentica Volontà popolare intesa come somma delle volontà individuali. Massimamente allorquando ci troviamo al cospetto di sistemi elettorali che determinano i rapporti di forza in modo automatico e con nettissima preponderanza della parte vincente anche quando l’esito della ‘tenzone’ elettorale registra differenze minime tra i competitori. Ricordo che 16 anni fa (quando all’epoca eri segretario della locale sezione della D.C.) in uno degli incontri post-elettorali cui partecipavi anche tu, ‘tirasti fuori’ l’indimenticabile locuzione metaforica “‘Na òlta par òn le ciave de l’òlto”. Essa inequivocabilmente voleva significare che pur cedendo obtorto collo lo scranno di sindaco a Zeni il tuo gruppo pretendeva l’impegno dello stesso Zeni a riconsegnare la poltrona di sindaco alla D.C. la volta successiva. E così fu. E le consegnò proprio a te. Ma tu quelle stesse chiavi dopo il tuo primo quinquennio da Sindaco te ne sei ben guardato di cederle a qualcun altro! E grazie al vigente sistema elettorale te le tieni in tasca da 11 anni e le terrai ancora per 4. Quando si dice l’ironia della sorte! Proprio questa protratta ‘custodia delle chiavi’ (del tutto legittima, ben s’intende!) e quindi del potere di decidere, comporta lo svuotamento del significato più intimo della parola democrazia e cioè di potere del popolo. In realtà il popolo non decide alcunché. E il popolo non investe nessuno di chissà qual potere. Il popolo, nell’esercizio del voto, agisce per riflessi condizionati. Sulla base di simpatie o antipatie epidermiche, di legami parentali, di antichi pregiudizi o semplicemente di piccole convenienze. Il tutto, spesso, con un livello di riflessione molto basso. Ma è naturale che sia così. È ovvio e del tutto logico. Sarebbe perciò importante riconoscerlo, soprattutto quando ci si trova, pro tempore, nella funzione di decisore. Qui mi interrompo perché dovrei toccare troppi altri argomenti. E ti sottrarrei troppo tempo. Mi sembrava però giusto fare questa breve digressione tanto per ricordarti che c’è anche chi non dimentica le cose ed è in grado di giudicare le parole dette e scritte, nonché i fatti. E soprattutto di avere un’opinione. Magari non sono molti e sono pure presuntuosi, magari, quei pochi, sono anche in malafede o magari, addirittura, sono dei “falsi perbenisti”, ma in ogni modo, ci sono!

Ciao e grazie.

Tesero, 13 settembre 2006

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