14/08/08

PREVENZIONE


Perseguire la cultura della prevenzione non è organizzare gite elitarie in luoghi nei quali si sono sfortunatamente verificati fatti tragici. Non è nemmeno costruire templi della memoria e creare figure professionali ad hoc. E neppure ottenere l’alto patrocinio di un Capo dello Stato.
Perseguire la prevenzione è evitare che si generino (o eliminare, se già esistenti) le condizioni ambientali per le quali in un futuro anche remoto si possano ripetere eventi luttuosi. La popolazione di Masi, attraverso il suo comitato, per questo si è battuta. Non per penalizzare l’economia del posto, intralciando con “smanie” ingiustificate lo sviluppo turistico, bensì per pretendere una soluzione alternativa che era (lo sarebbe ancora) del tutto praticabile e che appunto avrebbe evitato (eviterebbe ancora) la generazione, pur remotissima, di quelle anzidette condizioni. Ora che la municipalità di Cavalese, fregandosene “soffertamente” della volontà popolare espressa in maniera palese dai cittadini della frazione, ha deciso che l’invaso artificiale a monte dell’abitato si farà, esprimiamo il nostro più vivo disappunto per l’atteggiamento nel merito tenuto dalla Fondazione Stava 1985. Ché, a dispetto dei suoi nobili scopi statutari, non solo non si è sentita in dovere di schierarsi dalla parte dei masadini, garantendo loro, nella circostanza, un indubbio appoggio strategico, ma anzi, leggiamo, abbia addirittura osteggiato il comitato civico per non apparire preconcettualmente contraria all’opera. Malissimo! La paura è un sentimento umano del tutto legittimo cui è doveroso concedere il massimo rispetto. E proprio questo la Fondazione Stava, anziché criticare chi tale sentimento manifestava, aveva l’obbligo morale di fare. Dopo quanto successo in Fiemme, è legittimo o no, di fronte a un’ipotesi progettuale evocatrice, nella memoria collettiva, di un immane disastro, che la gente pretenda ed esiga alternative tecniche che quel disastro neanche lontanamente facciano ricordare? Il comitato ha ragioni da vendere. Altro che fisime. Perché, checché si dica, l’imponderabile, per sua stessa natura, è sempre possibile. Nessuna misura di sicurezza razionalmente prevista ed adottata e nessun tecnico al mondo lo può scongiurare. Se tanto si considera, il non aver almeno biasimato l’autorizzazione alla costruzione di quel bacino sopra le teste della popolazione corrisponde, a tutti gli effetti, al mancato adempimento di uno dei basilari principi della fondazione che qui di nuovo ricordiamo: “rafforzare la cultura della prevenzione, della corretta gestione del territorio e della sicurezza, la cui mancanza è stata causa di queste ed altre catastrofi.” Noi crediamo che con le parole non si possa sempre scherzare!

L’Orco

13/08/08

ARRESTI DI PRIMA CLASSE


Poniamo che arrestino un tizio, uno sconosciuto che non è Vip e non ha amici Vip, con l’accusa di aver rubato 6 milioni di euro alla collettività rapinando una banca o rubando nelle ville. E che poi lo scarcerino dopo 28 giorni. Giornali e tg sarebbero pieni di commenti indignati di politici e opinionisti contro l’ennesima “scarcerazione facile”. “Rubò 6 milioni, già a casa”. “La polizia li mette dentro, i giudici li mettono fuori”. “Alfano, ispettori contro le toghe buoniste”. “Pdl e Pd uniti: tolleranza zero contro ladri e rapinatori”. Difficilmente a qualcuno verrebbe in mente che il tizio è solo un sospetto rapinatore e che in Italia vige la presunzione di non colpevolezza. Poniamo invece che il tizio accusato di aver sottratto 6 milioni al prossimo sia un politico sospettato di mazzette sulla sanità. Più precisamente un governatore, magari dell’Abruzzo. L'altro ieri ha ottenuto i domiciliari dopo 28 giorni di carcere per cessato pericolo di inquinamento probatorio (ma non di reiterazione del reato). A nessuno è venuto in mente di gridare alla scarcerazione facile, di protestare perché è uscito dopo “appena 28 giorni”. Anzi, qui “facili” erano le manette. Quei 28 giorni sono parsi eccessivi a chiunque si sia espresso sul caso. Parve eccessivo anche il primo giorno di custodia, tant’è che un minuto dopo lo scattare delle manette era già tutto un coro: “Era proprio necessario arrestarlo?”. Eppure, per la Costituzione e la legge, tra il tizio e Del Turco non c’è alcuna differenza: entrambi sono sospettati di aver derubato la cittadinanza della stessa somma, entrambi devono restare in cella per un po’ onde evitare che concordino versioni di comodo con testimoni e coindagati. Possibile, allora, che politici e media li trattino in modi così diversi, anzi opposti? L’unica spiegazione è il razzismo sociale che è venuto montando in Italia, creando una Costituzione materiale che ritiene intoccabili “a prescindere” i membri della Casta, in barba al principio di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Se il tizio accusato di aver rubato 6 milioni avesse ricevuto in carcere decine di visite di parlamentari e membri (o ex) del governo, di destra e di sinistra, alcuni dei quali latori di pizzini inviati da altri politici, compreso il premier, tutti graniticamente convinti della sua innocenza (e della colpevolezza dei giudici), la notizia avrebbe destato enorme scalpore. Tutti si sarebbero domandati a che titolo tanti politici (ammesso e non concesso che li avessero fatti entrare) solidarizzassero in cella con un signore sospettato di reati tanto gravi e cos’avessero da spartire con uno così. Invece il pellegrinaggio di amici e colleghi nella cella di Del Turco (ufficialmente “in isolamento”!) è passata come una normale, quasi doverosa testimonianza di solidarietà all’illustre recluso. Anzi, è bastato che Veltroni manifestasse la sua fiducia nella magistratura, evitando di emettere sentenze che non gli competono, per esser bollato di “ipocrisia” e “antisocialismo”. L’altro ieri sul Corriere, Pigi Battista ha fornito un catalogo completo del razzismo sociale applicato alla giustizia, in un memorabile commento dal titolo “E se Del Turco fosse innocente?”. Il prode Pigi lacrima perché Del Turco fu “prelevato dalla sua casa all’alba, come il peggiore dei malfattori”. Frase rivelatrice quant’altre mai del doppiopesismo classista di cui sopra: se non ne ricorrono i presupposti di legge, non si arresta né all’alba né al tramonto, né prima né dopo i pasti; ma, se i presupposti ci sono, allora l’orario e le modalità dell’arresto sono del tutto secondari rispetto ai fatti che l’hanno originato. Invece, per tutti i Battista d’Italia, i “signori” - se proprio si vuole arrestarli - meritano le manette di prima classe, quelle di velluto, possibilmente precedute da una telefonata di cortesia. Infatti Pigi chiede addirittura un risarcimento per Del Turco, scarcerato - a suo dire - “con 48 ore di ritardo causa introvabilità del gip”, rientrato ieri dalle ferie per esaminare l’ok dato sabato dalla Procura ai domiciliari. In realtà non c’è stato alcun ritardo, visto che il gip aveva 5 giorni di tempo per rispondere ai pm e ne ha impiegati solo 2. Seguono le solite giaculatorie sulla “presunzione di innocenza”, che non c’entra nulla: la custodia cautelare riguarda sempre i “presunti non colpevoli”, altrimenti non sarebbe cautelare, ma definitiva. In carcere ci sono 30 mila persone nelle condizioni di Del Turco, ma naturalmente Battista si muove solo per Del Turco. E lo paragona addirittura a Enzo Tortora sol perché non s’è ancora scoperto “dove sono andati a finire i proventi” delle presunte mazzette. Ci sarebbe pure la possibilità, sostenuta dai pm, che i soldi siano finiti in alcuni immobili e/o in qualche conto cifrato nei paradisi fiscali. Ma lo Sherlock Holmes di Via Solferino non sente ragioni: se uno - puta caso - nasconde bene la refurtiva, vuol dire che è innocente. Attendiamo con ansia un editoriale dal titolo rovesciato: “E se Del Turco fosse colpevole?”. Cioè se fosse come Craxi, come Contrada, come Mambro e Fioravanti, per citare solo alcuni dei condannati definitivi che Battista e il Corriere continuano a trattare da innocenti. Come pure i 18 pregiudicati, da Dell’Utri in giù, che popolano il Parlamento. Ecco: se Del Turco fosse colpevole, sarebbe innocente lo stesso.

Marco Travaglio

11/08/08

LA CARTINA DI TORNASOLE


Stasera il Consiglio comunale di Cavalese deciderà se concedere alla società Funivie Alpe Cermis l’autorizzazione alla realizzazione, a monte dell’abitato di Masi, di un bacino per l’innevamento artificiale delle piste, della capienza di 30.000 metri cubi. Una decisione che le cronache dei quotidiani locali di ieri annunciano “sofferta”. Da tempo infatti, un comitato civico si sta opponendo con tenacia a quella ipotesi. Sulla pelle di questa valle sono passate la tragedia di Stava e quelle del Cermis. La memoria storica, per fortuna, non ha abbandonato del tutto le menti di chi qui vive. E la paura che la pervicacia possa offendere nuovamente gli dei, nemmeno. La questione all’ordine del giorno è in ballo da circa 8 anni e nel frattempo le pressioni esercitate sui cittadini della frazione di Cavalese, per rompere il fronte del dissenso, immaginiamo siano state forti. Ciò nonostante il 63% della popolazione della frazione, dando prova di un inusuale coraggio civico, ha aderito anche alla seconda petizione promossa dal comitato, ribadendo la propria contrarietà alla nuova opera. Pur tuttavia, il sindaco Cappelletto, che a suo tempo aveva garantito il rispetto della volontà popolare, di fronte alla (inaspettata?) prova di forza della sua gente, ha cambiato idea. Secondo il primo cittadino (che, guardacaso, fa parte anche del consiglio di amministrazione della società funiviaria) ci sarebbero ampie garanzie di sicurezza in merito e poi…ne va del futuro economico del paese e dell’intera valle. Un "refrain" mai udito prima!
Noi ricordiamo al signor Sindaco gli obiettivi che la Fondazione Stava 1985, della quale anche il Comune di Cavalese è socio fondatore, si è data:
mantenere la memoria storica della catastrofe del 19 luglio 1985 in Val di Stava, del 9 ottobre 1963 in Longarone e del 3 febbraio 1998 della funivia del Cermis in Cavalese e, comunque, di disastri dovuti all'incuria dell’uomo;
rafforzare la cultura della prevenzione, della corretta gestione del territorio e della sicurezza, la cui mancanza è stata causa di queste ed altre catastrofi.
Ma altresì gli ricordiamo che all’epoca anche i bacini di Prestavel erano stati ritenuti sicuri. E parimenti il monte Tòc nella valle del Vajont. Anche allora, dietro le forti spinte degli interessi economici, fior di commissioni tecniche, composte di professionisti di chiara fama, avevano garantito, giurato e spergiurato che non ci sarebbero stati problemi! Poi però…
Comunque, a prescindere dalle ragioni di sicurezza, qui ne va del senso più profondo delle parole dette, scritte, ripetute all’infinito e amplificate dai media locali e nazionali. Che ad ogni anniversario, ora a Tesero ora a Cavalese, rimbombano nelle orecchie di chi sordo e immemore non è ancora:
“CHE MAI PIÙ IL PROFITTO PREVALGA SUL RISPETTO DELLA SACRALITÀ DELLA VITA E SULLA DIGNITÀ DELL’UOMO. MAI PIÙ…”
Per questo osiamo sperare che questa sera quel monito possa aleggiare nella sala consiliare del capoluogo fiemmese e che, come in una nuova Pentecoste, piccole fiammelle tremolanti scendano a illuminare di saggezza i consiglieri comunali. E alla fine, per una volta, la volontà dei rappresentanti del popolo riesca a coincidere perfettamente con quella dei rappresentati
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L’Orco

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
Foto di Euro Delladio

MINU

MINU
Foto di Sabina

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