04/06/08

MONDIALI: MISSIONE COMPIUTA. E ADESSO?

Dunque ricapitoliamo. La spedizione sudafricana si è conclusa con l’esito che tutti (?) attendevano e che verosimilmente gli addetti ai lavori già conoscevano. Nel 2013 quindi si disputeranno, in Fiemme, per la terza volta, in poco più di vent’anni, i campionati mondiali di sci nordico. Delle dichiarazioni politiche rese a caldo e riportate dai due quotidiani locali (che i valligiani si sono trovati miracolosamente nelle bussole sull’albeggiare del 30 maggio) quella che più ci fa sperare (o meno ci fa temere) è del sindaco di Ziano: “Ora dobbiamo realizzare qualcosa di concreto per il territorio che resti anche alla popolazione soprattutto a livello di vivibilità”. Il sindaco di Predazzo, considerate le procedure semplificate d’appalto per l’ “urgenza mondiale” così come la certezza dei finanziamenti provinciali, auspica invece, pro domo sua, che “l’occasione possa facilitare l’esecuzione di un parcheggio sotterraneo” che da tempo, evidentemente, è nei programmi di quella amministrazione; il sindaco di Tesero, più vagamente, dice che “ci siederemo attorno a un tavolo (…) per capire su che strutture intervenire”; e quello di Cavalese – in attesa che la sbronza sudafricana si sciolga in un piacevole ricordo – vagheggia una non meglio precisata “nuova sfida”. È chiaro dunque che dietro l’organizzazione in sé e per sé delle gare di sci, per ottenere la quale si sono prestate – si fa per dire – figure come Di Centa, Nones, Zorzi e compagnia, si nascondono interessi e appetiti che trascendono di gran lunga l’aspetto sportivo della manifestazione. Anzi, questi ultimi ne sono senz’altro la ragione principale. E qui qualcuno dirà che stiamo scoprendo l’acqua calda! Giusto. Ma proprio per questo sarà interessante vedere cosa bolle in pentola, perché i 19.000 fiemmazzi, in nome dei quali – si dice – tutto ciò sia stato fatto, non possono far altro che guardare più o meno di nascosto l’effetto che fa, mentre a decidere sarà ancora quella loggia politico-sportiva (ci si passi l'eufemismo) calatasi sin nell’emisfero australe per ricevere l’ambito incarico internazionale F.I.S. Ciò detto, sarebbe giusto a questo punto, che oltre ai reportage con le facce soddisfatte e sorridenti dei vari De Godenz, Felicetti, Mellarini, eccetera, l’Adige e il Trentino a breve (e non pretendiamo ovviamente di ricevere i quotidiani con altrettanto tempismo!!) ci informassero dettagliatamente anche e soprattutto dei costi della trasferta: da quelli dei biglietti aereo a quelli per le divise ufficiali, da quelli per i cachet destinati alla sorridentissima signora Di Centa e al signor Zorzi, (augurandoci che perlomeno l’olimpionico di Castello si sia accontentato soltanto della gita gratuita fuori porta) sino a quelli inerenti le regalie di cui sicuramente saranno stati omaggiati i membri della giuria internazionale. Il tutto per una semplice necessità di trasparenza e soprattutto per fugare dubbi e inesattezze, dato che, mentre l’allegra rappresentanza trentina bisbocciava a Città del Capo, in valle circolavano cifre sugli appannaggi del presidente del comitato organizzatore e dei suoi principali collaboratori, nonché considerazioni non proprio benevoli sulla selezione dei partecipanti alla trasferta sudafricana e relativi costi: si bisbigliava che Pantalone Contribuente avesse scucito, all’uopo, nientemeno che 350.000 euro. Bazzecole! E poi ancora – magari a puntate – sugli stessi quotidiani locali, che così amichevolmente si sono prestati a dare grande enfasi alla spedizione, vorremmo leggere quali saranno o già siano le priorità che dall’indomani di quel fatidico 29 maggio la già citata loggia politico-sportiva, chissà dove, starà pianificando. E qui invece qualcuno dirà che stiamo facendo della dietrologia indimostrabile. Forse sì. Però se 1 più 1 fa 2 e analizziamo appena appena le candidature vagliate a Città del Capo, e le precedenti assegnazioni, e quest’ultima strepitosa vittoria di Fiemme, appare evidente che I Mondiali da tempo vengano assegnati, alternativamente e con cadenza ciclica più o meno decennale, a cinque o sei località che proprio nell’ultimo ventennio si sono attrezzate allo scopo e che di volta in volta si sostengono vicendevolmente. Dunque, salvo che, tra qualche anno, le condizioni climatiche e meteorologiche pregiudichino irreversibilmente la possibilità di candidare nuovamente Fiemme, ci sentiamo di scommettere che, intorno al 2021 saremo ancora qui a goderci, per la quarta volta, l’irripetibile occasione.
E siccome di questo dato statistico ormai accertato gli organizzatori sono perfettamente consapevoli è intuibile che dietro la finta e mediaticamente ben gestita aspettativa nel sorteggio (che in realtà, appunto, sorteggio non è) le cose da fare, che poi sono quelle che contano per davvero, vengano ideate con molto anticipo dall’anzidetta loggia che, di volta in volta, decide o suggerisce che menù servire ai valligiani.
Cosa c’è quindi da aspettarsi, concretamente, se non sbocceranno e poi subito prevarranno idee nuove e volontà di discontinuità rivoluzionarie, capaci di rompere un concetto logoro di sviluppo territoriale? Quasi sicuramente, ahinoi, nuovo cemento e nuove infrastrutture stradali (una delle quali – si dice – stia già nei cassetti della P.A.T.: la “bretella” di collegamento Strada di fondovalle – Statale 48 che, per liberare Cavalese dal traffico turistico di transito da e per Lavazé, comprometterà definitivamente uno degli ultimi scampoli della campagna teserana! Se invece, per intercessione di un qualche santo protettore, la discontinuità col passato riuscirà a farsi strada e quindi a prevalere (in questo senso interpretiamo le parole del sindaco Vanzetta) si potrà pensare, per esempio – come suggerivamo su questo blog qualche giorno fa – all’approntamento di un sistema di mobilità pubblico alternativo, ecologico, super-tecnologico e pulito che possa sgravare la valle dal peso sempre più opprimente della mobilità privata e che sia propedeutico, conseguentemente, alla qualificazione ambientale interna dei paesi. Una balzana idea di qualche ambientalista impenitente? Niente affatto! Ecco, a proposito di mobilità, cosa scriveva pochi mesi fa (7/12/2007) in occasione dell’illustrazione della manovra finanziaria 2008-2010 il Presidente trentino Lorenzo Dellai:
“(…) l’esigenza di incominciare a progettare la mobilità di medio-lungo periodo, (…) ci ha indotti a dare corpo ad un sogno ambizioso: quello di aggiornare l’opzione ferroviaria compiuta in epoca passata dagli austriaci, interpretandola con le tecnologie e le opportunità di un futuro che, in molte parti del mondo, è già incominciato. L’idea di una nuova rete ferroviaria a scartamento normale, capace di connettere l’asta dell’Adige con i principali centri comprensoriali in tempi ultra rapidi e raccordata con reti locali di collegamento capillare tra questi nodi e le singole comunità, con mezzi tradizionali, ma anche con tecnologie alternative, è molto più di un sogno: essa richiede impegno, verifiche, approfondimenti ad ogni livello, ma per quanto mi riguarda già questo bilancio sostiene l’onere delle prime concrete verifiche sul campo.”
Vedremo come verrà tradotta nel concreto dei fatti e dei lavori l'ormai lontana festa sudafricana di fine maggio. Se anche questa volta (l’ennesima) prevarrà la stanca voglia di un déjà vu, o finalmente, seguendo la filosofia indicata del Governatore, l’aspirazione a un mai visto prima. I tempi sono maturi. L’opportunità c’è. I soldi anche. Ma la volontà?

L'Orco

03/06/08

LA MATEMATICA NON E' UN'OPINIONE

L’altra sera mi è capitato di seguire parte di una trasmissione televisiva dedicata ad uno dei temi del momento (secondo l’agenda dettata da media e politici), ovvero il ritorno dell’Italia al nucleare annunciato in pompa magna dal nuovo governo. Erano presenti numerosi ospiti, divisi ovviamente tra chi era a favore e chi contro. Apparentemente era un dibattito a più voci e forse chi ha realizzato il programma ha pensato che lo fosse. In realtà tutti erano d’accordo su una cosa: esiste un fabbisogno energetico crescente e bisogna trovare la soluzione per soddisfarlo. C’era chi proponeva l’eolico, chi il fotovoltaico, chi il carbone pulito (un ossimoro?), chi appunto il nucleare. Ma nella premessa del discorso tutti erano assolutamente concordi, e senza neppure esplicitarlo: per loro è scontato che la soluzione sia quella di trovare la tecnologia che permetta di sostenere la domanda di energia, ovvero di mantenere l’attuale livello di consumi e produzione, peraltro sempre crescenti su scala mondiale. In altre parole: in qualche modo il Sistema deve essere salvato. Ci si può dividere sul come, ma il modello di sviluppo è di per sé intoccabile e indiscutibile, un vero e proprio dogma di fede. La cosa divertente è che chi come noi si permettesse anche solo di sussurrare parole come decrescita, delocalizzazione, autoproduzione e autoconsumo verrebbe bollato nella migliore delle ipotesi come un patetico visionario imbevuto di ideologie. Queste persone credono insomma di seguire delle strade logiche e razionali, pur sapendo benissimo che non c’è nucleare, non c’è petrolio, non c’è eolico, non c’è assolutamente nulla che possa permettere all’umanità di sostenere questi ritmi ancora per molto tempo. E’ matematica, e neppure delle più complicate. Il pianeta è già al collasso a causa dell’inquinamento prodotto e ancora paesi come la Cina e l’India non hanno raggiunto i livelli “occidentali” di produzione e consumo ai quali ambiscono e che paiono inevitabili. Ma per i Matteoli, i Bersani, i Chicco Testa, quelli che usano la ragione, bisogna intanto cominciare a sfruttare tutte le alternative energetiche possibili e “convenienti”. Dopo si vedrà. Nel frattempo si faccia finta che la vera, anzi l’unica, alternativa sia tra nucleare ed eolico o tra il carbone ed il petrolio. Si continui a cercare la soluzione affinchè 2+2 faccia finalmente 5. La Natura, fortunatamente, non guarda certi dibattiti e presto si prenderà la sua rivincita.

Andrea Marcon

02/06/08

DECRESCITA, NON IMPOVERIMENTO


La stima dell’indicatore dei consumi di Confcommercio (Icc) resa nota qualche giorno fa mette in evidenza un calo dei consumi dello 0,7% nel primo trimestre del 2008, mentre lo scorso mese di marzo registra un –1,7% rispetto al marzo 2007. I risultati di un’indagine condotta dal Dipartimento di sociologia economica dell’Università di Messina, pubblicati su Repubblica, raccontano di “un’inflazione reale” più che raddoppiata nel corso degli ultimi 4 anni. Come conseguenza di una situazione sempre più drammatica, in questa Italia che anziché rialzarsi, secondo i dettami degli spot elettorali, sta affossandosi sempre più sulle ginocchia, le famiglie italiane in crescente difficoltà stanno cambiando le proprie abitudini. Ripiegano per i propri acquisti sui negozi cinesi (soprattutto per quanto concerne l’abbigliamento) e scelgono prodotti di scarsa qualità, fanno scorte alimentari seguendo le offerte promozionali dei discount e coltivano il pezzo di terreno ricevuto in eredità dal nonno per avere frutta e verdura di buona qualità a basso costo. Molte volte quando scrivo o parlo di decrescita, qualcuno di fronte al progressivo impoverimento delle famiglie italiane sottolinea che la decrescita è già in atto e non si tratta in fondo di una gran bella cosa. Confondere l’impoverimento con la decrescita è un atteggiamento abbastanza comune e tutto sommato comprensibile per chi non abbia approfondito l’argomento ma rischia di creare una confusione di fondo in grado di far perdere ogni coordinata. L’impoverimento e la decrescita non hanno nulla in comune, anche se una delle tante risultanti di entrambe le situazioni può essere costituita dal ritornare a coltivare l’orticello ereditato dal nonno, pratica comunque virtuosa in sé a prescindere dalle motivazioni che hanno indotto la scelta. L’impoverimento è una situazione imposta dalla congiuntura economica che determina un decadimento del benessere individuale. L’impoverito è costretto ad acquistare merci a basso costo di qualità scadente, importate da paesi a migliaia di km di distanza. L’impoverito deve basare la propria alimentazione sulle offerte promozionali dei discount, a fronte di viaggi in auto alla ricerca della promozione più alettante e di prodotti che spesso arrivano da molto lontano, dalle dubbie qualità sia sotto l’aspetto organolettico sia dal punto di vista nutrizionale. L’impoverito è costretto ad operare delle rinunce che mettono a repentaglio il suo benessere e la qualità della sua vita, solamente al fine di ottenere un risparmio monetario che possa permettergli di sopravvivere. La decrescita (a prescindere dal fatto che si tratti di quella teorizzata da Serge Latouche o di quella “felice” praticata da Maurizio Pallante) non mira a diminuire il benessere delle persone, ma al contrario si propone di migliorarlo ed accrescere la qualità di vita dell’individuo. La decrescita non passa attraverso l’impoverimento, tenta semplicemente di ridurre la dipendenza delle persone dall’economia rendendole più libere ed autosufficienti senza deprivarle assolutamente del loro benessere. La decrescita pretende la ristrutturazione degli edifici in funzione del loro rendimento energetico, creando in questo modo posti di lavoro e risparmi dei consumi. La decrescita persegue il miglioramento della rete di distribuzione dell’energia, un miglioramento in grado di creare occupazione e taglio degli sprechi energetici. La decrescita privilegia la filiera corta ed i prodotti locali in un’ottica di ridotta movimentazione delle merci, risparmio economico e miglioramento della qualità degli stessi. La decrescita non mira a ridurre il potere di acquisto dei salari ma al contrario intende integrarlo attraverso l’autoproduzione, lo scambio ed il dono che permettono di ridurre il numero di beni dei quali è necessario l’acquisto sotto forma di merci. La decrescita si oppone alla società globalizzata dove persone sempre più povere sono costrette ad acquistare merci sempre più povere (il cui costo è determinato in larga parte dal loro trasporto inquinante per migliaia di km) e propone una società a misura d’uomo dove sia possibile riscoprire il senso della comunità, ricostruire rapporti conviviali, privilegiare la qualità alla quantità ed al gigantismo. La decrescita vuole ridare un senso al lavoro interpretandolo come valorizzazione delle qualità dell’individuo, del suo estro e della sua creatività finalizzato a “creare” qualcosa di utile, in netta contrapposizione con lo svilimento attuale del mondo del lavoro, costituito in larga parte da pratiche ripetitive e meccaniche di scarsa utilità (i call center rappresentano un esempio su tutti) in grado di produrre solo alienazione e salari insufficienti a garantire una sopravvivenza dignitosa. L’impoverimento rappresenta semplicemente il futuro di un modello di sviluppo basato sulla crescita infinita dei consumi che nel momento in cui i consumi cessano di crescere inizia a creare esclusione sociale e precarietà, esattamente il contrario della decrescita che si muove per evitare che tutto ciò accada.


Marco Cedolin

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

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Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
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SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

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MINU

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