10/04/08

IL PARTIGIANO BENNY


Siamo venuti fortunosamente in possesso della bozza di «Storia della Libertà: da Neanderthal a Calderoli». Il volume è a cura del comitato revisionista «Billionaire», con la prefazione di Briatore e le foto originali di Fabrizio Corona. Un decreto del ministro della Cultura Marcello Dell’Utri stabilisce che ogni scuola abbia l’obbligo di adottarlo (perciò si chiama scuola dell’obbligo).

«Benito Mussolini, popolano della libertà, viene rovesciato da un ribaltone di gerarchi comunisti e sostituito dal sovietico Molotov e da sua moglie Bomba: il frutto della loro unione liberticida sarà D’Alema. Sostenuti dai bombardamenti a tappeto di Air France, i cosacchi entrano a Roma. Ma Benito, il partigiano Benny, aiutato dalla brigata Malpensa del comandante Umberto, riesce a scappare al Nord, dove fonda la Repubblica Padana di Salò per continuare la guerra contro Stalin. Suggestionato dalle visioni del profeta Tremonti, Benny decide di raggiungere Hitler per convincerlo a portarsi avanti col lavoro, invadendo anche la Cina. Scortato dall’eroico stalliere Mangano, Mussolini viene però tradito al confine da uno stalinista mascherato - nome in codice Walter - che gli si era presentato come sincero democratico. Sembra la fine. Milioni di partigiani liberisti vengono deportati nei gulag delle Frattocchie e rieducati al comunismo e agli sceneggiati in bianco e nero. Scampa alla retata solo una piccola vedetta lombarda, armata di compasso, mattone e antenna satellitare: è il partigianino Silvio, che finge di abbracciare il camerata Fini, ma poi lo mette sotto e fonda così la Fininvest. E’ il 25 aprile 1945. Nasce Canale 5. L’Italia è libera e ben gli sta».


Massimo Gramellini

VENERDI' 11/04/2008 ORE 20,30 - SALA BAVARESE TESERO


Con il clima non si scherza.
Il clima sta cambiando e grande incidenza hanno i fattori umani nel determinare questo cambiamento. In Trentino, nell'ultimo secolo, la temperatura media annua è aumentata di 0,6° C con particolare evidenza nella stagione invernale, le precipitazioni sono diminuite di circa il 10% e sono in aumento i singoli eventi di fenomeni atmosferici estremi rispetto a quelli ordinari. La questione del clima è centrale. Non si può ignorarla. Tanto meno nelle nostre zone, dove la natura di territorio alpino presenta degli equilibri ambientali particolarmente fragili.

08/04/08

MUOVERSI NELLE ALPI: DUE BEGLI ESEMPI


Con il 31 marzo l’Italia darà l’addio al 25% del traffico sulle corse ferroviarie regionali nonostante l’80% dei passeggeri scelgano questi treni, sono cioè pendolari, o per motivi di lavoro o di studio. Le ferrovie investiranno sempre più nei treni di lusso e nell’alta velocità (Eurostar): ad imporre questa scelta strategica e miope è stata la recente finanziaria 2008. Questo è un settore sul quale si è tagliato con grande determinazione e alle Regioni è stata così tolta ogni possibilità di respiro e di flessibilità nelle scelte sulla mobilità. Nel bellunese il sindaco di Calalzo, sostenuto da alcuni suoi colleghi, sta tentando di chiedere il potenziamento della linea ferroviaria Belluno- Calalzo, per portarla fino a Cortina, poi in Val Pusteria e - perché no? - verso est, in direzione della linea Tolmezzo-Tarvisio. La risposta della Regione e della Confindustria locale è stata esplicita: la ferrovia si cancella e si farà invece il collegamento autostradale A27- A23, un progetto folle, per costi ambientali, economici e per logica. In Trentino la ferrovia della "vaca nonesa" viene leggermente ammodernata e si perde l’occasione di trasformarla in metropolitana di superficie, agile e con collegamenti frequenti con il capoluogo. La ferrovia Trento-Venezia verso la Valsugana viene potenziata di qualche corsa e si ritocca qualche treno, ma non si interviene nell’ammodernamento dell’intera infrastruttura. Contemporaneamente l’intesa Dellai- DS- PATT nel collegio della Valsugana candida al Senato il più strenuo sostenitore della Valdastico e del traffico su gomma, Sergio Muraro. Nelle Dolomiti le scelte politiche in tema di mobilità sono opposte a quelle effettuate nel Sudtirolo e negli altri Land delle Alpi. In Val Venosta, nel vicino Alto Adige, solo fino ad un decennio fa si riteneva che la ferrovia Bolzano- Merano-Malles fosse superata e dovesse essere soppressa. Venne infatti chiusa e sul sedime cominciavano a crescere arbusti sempre più robusti ed invasivi. Ma nel 2001 "re" Durnwalder, ancora un conservatore, sulla spinta del forte ambientalismo locale, decise di reinventare questa tratta ferroviaria e di ricostruirla. Affidò ad una ditta locale, controllata dalla Provincia Autonoma, (STA, Strutture Trasporto Alto Adige) la progettazione della ferrovia, avviò un confronto serrato con i sindaci scettici e con una popolazione stanca dei disservizi della vecchia tratta e impose tempi brevi sia per la progettazione che per la consegna dell’opera: solo quattro anni. Praticamente nei tempi previsti (c’è stato un lievissimo ritardo), la società ha consegnato alla Provincia l’opera realizzata. Sono state ridisegnate le linee, addolcite le curve, sostituita la massicciata, eliminati ben 54 passaggi a livello e abbattute tutte le barriere architettoniche: dalle banchine passeggeri si sale sulla carrozza senza alcuno scalino, è l’unica ferrovia europea priva di barriere architettoniche. Ma c’è di più: "Mai il ritardo supera il minuto, - ci dice Helmuth Moroder – tanto che qui la gente regola l’orologio sul passaggio del treno". Si prevedeva l’obiettivo di un milione di passeggeri l’anno, ma il 2007 si è concluso con un incredibile successo: i passeggeri sono stati oltre due milioni. Il treno della Valle Venosta oggi è una attrazione turistica, dove si sale con le bicicletta e si ridiscende pedalando lungo le attrezzate ciclabili, sempre esterne al traffico, immerse nella natura, fino a Bolzano. Grazie al treno si rifrequentano i masi in quota, si trascorrono i fine settimana con le famiglie unite alla riscoperta del territorio. Ora gli otto treni sono insufficienti, è necessario acquistarne altri quattro. Con questa ferrovia in un solo anno si sono risparmiati almeno quattro milioni di chilometri in automobile e mille tonnellate di anidride carbonica non sono state gettate nell’aria. E dopo questo passo, sempre con l’efficienza dimostrata fino ad oggi, il treno aspira a diventare internazionale; si collegherà infatti alla rete ferroviaria svizzera nell’Engadina e a breve anche con Landeck, in Austria. Se si fosse fatto un referendum fra la popolazione, con l’esperienza del treno fino ad allora vissuta, la scelta di reinvestire nella ricostruzione sarebbe stata bocciata. Il costo dei 60 chilometri ricostruiti? 115 milioni di euro, quanto costano i due chilometri della circonvallazione stradale di Moena, o della circonvallazione di Naturno in Val Venosta. Per percorrere la tratta intera si impiegano 82 minuti, con fermate in 17 stazioni, il costo del biglietto è di quattro euro. Il treno della Val Venosta ha incuriosito altre località altoatesine ed oggi si discute di riproporre la vecchia ferrovia fra Caldaro e Bolzano e ricostruire quella della Val Pusteria. Ma oltralpe anche la bici diventa moderna. Le auto-mobili si dimostrano sempre più auto-ferme, chiuse nelle rotonde e nei centri abitati: a Balzers, in Liechtenstein, Urs Walchli, l’amministratore delegato della ditta Inficon, si chiedeva come evitare la costruzione di un costosissimo parcheggio sotterraneo a due piani a disposizione dei dipendenti. La ditta voleva evitare una simile spesa e per farlo era necessario diminuire la presenza della auto private, quelle dei dipendenti. L’ipotesi più ovvia sembrava essere quella di incentivare i dipendenti all’uso dei mezzi alternativi di trasporto pubblico, o all’uso delle biciclette. Ma come fare? Urs abita fuori Zurigo, una breve passeggiata e giornalmente prende il treno, alla stazione di arrivo apre il lucchetto della bicicletta ed in venti minuti è allo stabilimento, una delle ditte più importanti del Liechtenstein che produce delicati e sofisticati strumenti per la misurazione dei vuoti. Nella trattativa con i dipendenti occorreva superare la cultura dell’auto come status symbol; e si tenga conto che la maggioranza di loro erano pendolari, e le piste ciclabili, specialmente nel ricco Liechtenstein, erano scarse. Ma nonostante la situazione non ottimale e le montagne vicine, oggi più della metà dei dipendenti usa mezzi di trasporto alternativi, o autobus, o bici o car sharing con i colleghi. Più rinunciano alla macchina, più acquisiscono premi in busta paga. E la dirigenza Inficon brinda: "Non solo abbiamo rinunciato alla costruzione del parcheggio sotterraneo, ma con questo sistema di mobilità risparmiamo 120.000 franchi l’anno, abbiamo un tasso di malattie bassissimo (sembra un caso di miracolo medico-sanitario) e una grande stima collettiva fra i dipendenti, gratificati anche dal ritorno dei successi mediatici della ditta". Insomma, un semplice sistema di premi e penalizzazioni ha portato a risultati sorprendenti. L’azienda sostiene economicamente anche il trasporto pubblico locale e con l’innovazione del progetto ha ridotto le emissioni di anidride carbonica di circa il 30%. Non solo, ma così facendo si vive meglio, e più sereni, afferma il dirigente che ha ideato le diverse soluzioni. Come si vede da questi esempi concernenti la mobilità, non esiste un problema impossibile da risolvere e non sempre è necessario ricorrere a grandi e costose infrastrutture. E’ invece doveroso investire in fantasia, in coraggio, in processi di informazione non sempre semplici. Ma alla fine, quando si sono individuati con precisione gli obiettivi da raggiungere, si scopre che le politiche di risparmio energetico e di territorio portano a tutti vantaggi economici ed in termini di benessere. Ma mentre nelle Alpi oltre confine si sperimenta, in quelle italiane e trentine si scelgono le scorciatoie di breve periodo e si continua ad investire nella grande viabilità.


Luigi Casanova

06/04/08

IGNORANZA E PRIVILEGIO, OVVERO LA SINDROME DELLE 3 SCIMMIETTE


La ormai trita vicenda della revisione viabilistica del paese è paradigmatica di una degenerazione del rapporto amministrati-amministratori della nostra comunità. Se consideriamo che quella testé ricordata è, a memoria d’uomo, la prima iniziativa comunale che abbia determinato nei fatti un modesto restringimento dei “lacci” in cinquant’anni di ininterrotte concessioni, la rivolta esternata attraverso la petizione popolare promossa da alcuni anonimi caporioni conferma che il potere amministrativo oggi è tollerato solo allorquando lascia fare, e non invece anche quando (doverosamente) su basi più dotte riequilibra e controlla. Prova ne è che nessuna raccolta di firme è stata fatta per questioni in essere veramente clamorose e pregiudizievoli come ad esempio il cancro della speculazione edilizia (che è di gran lunga il peggior endemico lasciar fare possibile), le cui propaggini metastasiche nel nostro paese hanno addirittura divorato l’area di rispetto prospiciente il parco giochi degli Aleci; nessuna petizione è stata fatta per contestare la discutibilissima decisione urbanistica di locare la nuova casa di riposo nell’ “orrido” di Sa Noesco; nessuna sottoscrizione è stata avviata per esigere una gestione del Centro del Fondo meno scandalosa (100 mila euro e rotti di deficit annuo “consolidato”); e nulla si è detto neppure contro la recente "spedizione punitiva" perpetrata, senza alcun motivo di ordine logico, nei confronti di alcune piante (tre abeti e un larice) che avevano il torto, udite udite, di… far ombra nel giardino delle scuole elementari! In questi casi (dalla maggioranza della cittadinanza ritenuti, a torto, ora fisiologici, ora residuali), il cui elenco potrebbe continuare lungamente, il popolo tace. In questi casi esso non esercita affatto la sua fondamentale prerogativa di “pungolo”, non fa sentire il fiato sul collo agli amministratori, rendendo questi ultimi consapevoli di essere costantemente controllati dai propri amministrati (come sarebbe giusto che fosse in regime di democrazia). Niente di niente! Come le tre scimmiette nessuno vede, nessuno sente, nessuno parla! Perché quando si subodora la possibilità che qualcuno possa approfittarne (…po bèn, almanco valgüni i laóra! è la tipica frase giustificativa), pur che sia anche solo il recupero di un ramo d’albero tagliato, qualsiasi nefandezza è tollerata. Nessuna reazione dunque quando nell’aria si fa pregnante l’inconfondibile profumo dello “sterco del Demonio”. Soltanto ove il privilegio venga scalfito, in qualsivoglia forma od entità, allora e solo allora la “risposta” collettiva è immediata e (spesso) furente. Senza considerare altro che il proprio esclusivo tornaconto e il proprio egoismo. Senza considerare minimamente le ragioni di quei terzi eventualmente penalizzati. Senza concedere nulla al superiore interesse. Senza ammettere di poter anche dare qualcosa in cambio per quanto (forse) immeritatamente ottenuto (leggi concessioni edilizie), eccetera. I recenti fatti dimostrano altresì quanto questa comunità abbia introiettato lo stile metropolitano più retrivo: la generale insensibilità alla qualità ambientale in senso lato, esemplarmente palesata dal non aver capito che ovunque – dalle città sino ai piccoli paesi – le politiche urbanistiche più illuminate spingono il più possibile alla larga il traffico automobilistico dai centri storici; la malintesa idea di progresso, coincidente quasi esclusivamente con il termine comodità. A questa comunità il benessere profondo, quello che noi avremmo ottenuto soltanto avendo l’accortezza di rispettare con maggior consapevolezza e lungimiranza il nostro ambiente naturale circostante, non interessa. E dunque, così stando la qualità cerebrale di codesta popolazione, anche la qualità dell’ambiente pubblico condiviso non interessa. Basta che il proprio mondo (la casa), gelosamente custodito, soddisfi l’essenzialità degli stereotipi oggigiorno più in voga come il prato inglese, il barbecue, la mercedes o il fuoristrada, l'ampio garage, il cane di razza. All’ente pubblico si chiede solo (anzi da esso si pretende) di predisporre le uniche infrastrutture che il comune sentire ritiene imprescindibili: “posti macchina”, strade, piazzali asfaltati, parcheggi, rimesse interrate e compagnia cantando, che permettano ai loro metallici status-symbol di espletare in modo acconcio la loro peculiare funzione di annunciatori di arroganza e di stupidità. Senza preoccuparsi dei costi relativi (non solo finanziari!) e di nient’altro.

L’Orco

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
Foto di Euro Delladio

MINU

MINU
Foto di Sabina

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