29/11/08

L'ECOLOGIA CI SALVERA'


Le case automobilistiche europee, americane e cinesi stanno facendo appello ai rispettivi governi affinché vengano in loro soccorso con una consistente infusione di capitali pubblici. E avvertono che se gli aiuti non saranno immediati potrebbero andare incontro allo sfacelo. Se da una parte alcuni sono favorevoli a un intervento di salvataggio, perché temono che qualora le case automobilistiche fallissero l'economia subirebbe un colpo catastrofico, dall'altra parte c'è chi sostiene che in un mercato aperto le aziende dovrebbero essere lasciate libere di sopravvivere o di soccombere. Esiste tuttavia una terza strada per affrontare questo problema, che esigerebbe un cambiamento radicale di mentalità in relazione alla natura e al significato di ciò a cui stiamo assistendo e di ciò che dovremmo fare in proposito. L'introduzione del motore a combustione interna e l'inaugurazione di una infrastruttura di reti autostradali contrassegnarono nel Ventesimo secolo l'inizio dell'era petrolifera e della seconda rivoluzione industriale, nello stesso modo in cui nel Diciannovesimo secolo l'introduzione del motore a vapore, della locomotiva e delle reti ferroviarie avevano contrassegnato l'avvento dell'era del carbone e della prima rivoluzione industriale. La seconda rivoluzione industriale si avvia ormai al tramonto e l'energia e la tecnologia che più di altre l'hanno alimentata sono tenute in “vita artificiale”. L'incredibile aumento del prezzo del petrolio sui mercati internazionali registrato negli anni più recenti indica l'inizio della fine, non soltanto per le automobili che consumano molta benzina, ma anche per lo stesso motore a combustione interna. L'amara realtà è che la richiesta di petrolio in forte aumento a livello internazionale si scontra con scorte e rifornimenti sempre più limitati e sempre più in calo. Ne consegue un prezzo sempre più alto del combustibile, che provoca una spirale inflazionistica e si ripercuote lungo l'intera catena logistica e dei rifornimenti, e che a sua volta funge da freno naturale per i consumi globali, specialmente nel momento in cui il greggio inizia a sfiorare i cento dollari al barile. È questa, infatti, la soglia in cui si collide contro il muro di sbarramento del “Picco della Globalizzazione”. È a questo punto che il motore economico globale si ferma, che l'economia si contrae, che i prezzi dell'energia scendono perché il mondo intero usa meno petrolio. L'industria dell'auto è un segnale di allarme precoce, che ci fa comprendere come ci stiamo avvicinando al tramonto della seconda rivoluzione industriale. Che cosa possiamo fare concretamente? Dobbiamo saper cogliere questa circostanza alla stregua di un'opportunità e rilanciare il dibattito globale sull'industria dell'auto nel suo complesso. Ciò implica di spostare il dibattito, passando dagli interventi di soccorso e di salvataggio in extremis dell'industria del motore a combustione interna alimentato a benzina alla ricerca, lo sviluppo, l'utilizzo di veicoli elettrici e ricaricabili a idrogeno con celle a combustibile, alimentati da energie rinnovabili. La trasformazione del nostro attuale regime energetico e della tecnologia automobilistica è il punto di ingresso nella terza rivoluzione industriale e in un'economia post carbonifera nella prima metà del Ventunesimo secolo. Affinché questa transizione possa aver luogo, dobbiamo renderci conto che le rivoluzioni nei mezzi di trasporto sono sempre state parte integrante delle rivoluzioni nelle infrastrutture più ampiamente intese. La rivoluzione del motore a vapore alimentato a carbone impose grandi cambiamenti alle infrastrutture, ivi compresa la trasformazione nei trasporti, con un passaggio da quelli via di mare e su acqua in genere a quelli su rotaia ferroviaria, e la cessione di terreni pubblici per lo sviluppo di nuove città, sorte in corrispondenza di importanti snodi e incroci ferroviari. Analogamente, l'introduzione del motore a combustione interna alimentato a benzina richiese la realizzazione di un sistema di strade nazionali, la messa in opera di oleodotti, la creazione di una rete di strade secondarie commerciali e residenziali suburbane lungo il sistema autostradale internazionale.
Il passaggio dal motore a combustione interna a veicoli ricaricabili a idrogeno con celle a combustibile comporta un impegno equiparabile nei confronti di un'infrastruttura adatta alla terza rivoluzione industriale. Tanto per cominciare, la rete elettrica nazionale e le linee di trasmissione dell'energia dovranno essere trasformate, e passare da una gestione attuata tramite comandi e controlli centralizzati e servomeccanici a una gestione decentralizzata e digitalizzata. Daimler ha già firmato un accordo di partenariato con Rwe, società energetica tedesca, e Toyota ha fatto altrettanto con Edf, società energetica francese, per installare milioni di postazioni di ricarica lungo le autostrade, nei parcheggi e nei garage, nelle aree commerciali come in quelle residenziali, per consentire alle nuove automobili di fare il pieno ricaricando le batterie collegandosi semplicemente a una presa. Per adattarsi a milioni di nuovi veicoli ricaricabili, le società erogatrici di elettricità stanno iniziando a modificare le loro reti, utilizzando le medesime tecnologie che hanno dato luogo alla rivoluzione di Internet. Le nuove reti elettriche, cosiddette reti intelligenti o intergrid, rivoluzioneranno le modalità tramite le quali l'elettricità è prodotta, distribuita e resa disponibile. Milioni di edifici già esistenti - appartamenti residenziali, uffici, fabbriche - dovranno essere modificati o ricostruiti per fungere da “impianti elettrici autentici”, in grado cioè di catturare l'energia rinnovabile disponibile a livello locale - solare, eolica, geotermica, delle biomasse, idroelettrica e prodotta dal moto ondoso di mari e oceani - per generare elettricità che possa alimentare gli edifici, condividendo al contempo l'energia prodotta in eccesso tramite le reti intelligenti, proprio nello stesso modo in cui noi oggi produciamo informazioni e le condividiamo grazie a Internet. L'elettricità che produrremo nei nostri edifici, a partire dalle energie rinnovabili, potrà essere utilizzata anche per alimentare le automobili elettriche ricaricabili o per creare idrogeno che alimenti i veicoli con celle a combustibile. A loro volta, tutti gli autoveicoli elettrici ricaricabili e a idrogeno con celle a combustibile fungeranno da impianti elettrici mobili, e potranno rivendere l'energia prodotta in eccesso alla rete elettrica. Il passaggio alle infrastrutture indispensabili per la terza rivoluzione industriale richiederà un ingente sforzo e finanziamenti pubblici e privati. Dovremo trasformare completamente l'industria automobilistica, dotandola di nuove apparecchiature, riconfigurare le reti elettriche, convertire milioni di edifici commerciali e residenziali in autentici impianti energetici. La sola creazione di una nuova infrastruttura comporterà l'investimento di centinaia di miliardi di dollari. C'è chi sostiene che non possiamo permettercelo: in tal caso, però, gli scettici dovrebbero spiegarci come si prefiggono di riportare in crescita un'economia globale oberata dai debiti, che oltretutto dipende in tutto e per tutto da un regime energetico che sta per collassare. Cerchiamo di essere chiari: i trilioni di dollari con i quali ci si ripromette di riportare in vita l'economia globale non sono niente più che un semplice “espediente di sopravvivenza”. Se invece intendiamo dare nuova vita all'economia globale, risolvendo al contempo la triplice minaccia costituita dalla crisi finanziaria globale, dalla crisi energetica globale e dalla crisi del cambiamento del clima globale ciò che dobbiamo fare è creare le premesse per una nuova era energetica e un nuovo modello industriale. Le infrastrutture necessarie alla terza rivoluzione industriale creeranno milioni di posti di lavoro 'verdi', daranno vita a una nuova rivoluzione tecnologica, aumenteranno considerevolmente la produttività, introdurranno nuovi “modelli di business open source” e creeranno molteplici opportunità economiche nuove. Se i governi non interverranno immediatamente e con determinazione per far procedere celermente la realizzazione di una nuova infrastruttura per una terza rivoluzione industriale, l'esborso di fondi pubblici per sostenere un'infrastruttura economica vecchia e un modello industriale obsoleto decurterà ancor più le risorse finanziarie rimaste, lasciandoci privi delle riserve necessarie a effettuare i cambiamenti fondamentali. La terza rivoluzione industriale comporta una nuova era di capitalismo allargato, in virtù del quale milioni di proprietari di casa e di aziende esistenti e nuove diventeranno produttori di energia. Così facendo, avrà luogo la transizione verso un'era post-carbonifera sostenibile, che di fatto potrà attenuare gli effetti del cambiamento del clima sulla biosfera terrestre. Collocando l'industria dell'automobile al centro del cambiamento delle infrastrutture necessarie a passare dalla seconda alla terza rivoluzione industriale, inizieremo a cambiare mentalità, e il dibattito passerà dall'aiuto alle aziende in gravi difficoltà a come investire al meglio in un nuovo schema economico planetario. Investire miliardi di dollari diverrà un presupposto indispensabile e necessario per creare nuove opportunità economiche per tutti nel Ventunesimo secolo.

Jeremy Rifkin

1 commento:

  1. Non c'è dubbio che Rifkin è qualche decade avanti a noi. Speriamo che non sia troppo tardi per realizzare ciò che lui propone in queste righe.
    Lascio anche il link per un video in cui lui parla essenzialmente delle stesse cose, aggiungendo qualche battuta sul nucleare e sulla situazione italiana:

    http://www.youtube.com/watch?v=BcCMOMPAqF8

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