30/09/08

L'INSINCERITA' COME FORMA MENTALE - 2^ parte


E’ l’insincerità quindi – giungono ad asserire gli Autori – il tratto saliente della gente di Tesero.
L’inclinazione al dissimulare, al mascherarsi, al non dire, non caratterizza tuttavia solamente l’atteggiarsi dei singoli ed i loro reciproci rapporti, ma riguarda la comunità come sistema e si esplica nelle forme e nei modi con cui essa si percepisce e si rappresenta.
Non a caso il Gruppo di Discussione Critica si sofferma ad analizzare la tendenza marcatamente teserana all’autocelebrazione delle (presunte) virtù ed imprese comunitarie.
“(…) tutto ciò che produce l’ingegno di Teserano è meritorio di essere accolto con toni entusiastici e magniloquenti, nell’ingenua presunzione di qualificare l’oggetto in questione senza apparente consapevolezza che, al contrario, iperboli e retorica lo pongono al di là di ogni possibile valutazione critica.
D’altra parte è ben noto come solo attraverso la critica intellettualmente onesta quanto rigorosa, il considerare sia i pregi quanto i limiti, sia possibile cogliere l’autentico valore delle cose e conferirgli senso.
Ogni iniziativa, per il solo fatto di essere messa in atto è posta, a priori, al riparo da qualsiasi considerazione di ordine etico ed estetico.
Si tratta a ben vedere di modalità di autorappresentazione tanto maldestre quanto insincere che rivelano impietosamente l’incapacità di relazionarsi con la realtà esterna (…)”
ed ancora
“(…) i modelli di riferimento non sono mai esterni ma appartengono alla tradizione, alla storia più o meno recente in una dinamica autoreferenziale che non lascia spazio ed anzi inibisce ogni tentativo di innovazione e rinnovamento”.
Secondo gli Autori tali meccanismi, ormai profondamente radicati, hanno contribuito a produrre nel corso del tempo una sorta di mitologia popolata di figure eroiche ed esemplari alle quali costantemente richiamarsi.
“(…) a Tesero in verità non esiste una narrazione storica, ma piuttosto una narrazione metastorica ove il passato è proiettato in una dimensione mitica.
Conseguentemente si è prodotto ciò che potrebbe essere definito, non senza un po’ di enfasi, un’autentica religione civile fatta di credenze, dogmi irrefutabili e soprattutto riti collettivi e ministri del culto .
Tali riti, fra i quali ci preme ricordare “Le corte de Tieser”, “Tesero e i suoi presepi”, “La sagra de San Bartolomeo”, “Il Grande Concerto Corale Strumentale”, la “Stava sky race”… scandiscono il tempo, lo curvano, gli conferiscono una tranquillizzante circolarità che fa apparire la realtà immutata ed immutabile, rievocano ciò che sono stati e al contempo preannunciano ciò che saranno, collegando idealmente passato, presente e futuro.
Essi, inoltre, sono vissuti sovente come eventi irripetibili in quanto unici ovvero ultimi e conclusivi di una serie, ma in realtà non lo sono più dei rituali e delle coazioni che scandiscono la vita del nevrotico e che quest’ultimo percepisce, nell’atto di svolgerli, come per l’appunto irripetibili, salvo poi ripeterli indefinitamente e sempre più assiduamente nel tempo.
I “ministri del culto”, depositari e numi tutelari della “tradizione”, sono responsabili dell’organizzazione e del regolare svolgimento dei riti e i loro buoni propositi e capacità non possono essere mai messi in discussione.
Ciascuno nel proprio ambito, nella piccola o grande nicchia adattata o costruita ad hoc a seconda delle esigenze, essi rivestono il ruolo dell’Autorità, mossi nei loro intenti più dall’ambizione personale e dalla smania di protagonismo, che da sincera e disinteressata passione, supportati a volte più da un carisma elementare e da una certa attitudine al comando – amplificati dalla nota e riconosciuta accondiscendenza ed arrendevolezza della popolazione – che da autentica autorevolezza (…).
(…) ovviamente si tratta di una religione priva di una dimensione trascendente poiché la comunità non celebra un sé trascendente (divinità), ma narcisisticamente se stessa in quanto comunità di Tesero perfetta ed esemplare: unica”.
Gli Autori mettono in evidenza come alla già discussa disaffezione dalle forme religiose “tradizionali” corrisponda una sempre maggior adesione alla “religione civile” descritta nello studio, fatto questo riconducibile alla maggiore efficacia con cui essa è in grado di incanalare, concentrare e smuovere le energie fisiche ed emotive della collettività.
“(…) per una strana legge di conservazione, se da un canto la partecipazione si riduce, dall’altra si fa più massiccia, convinta, impegnata. (…) E’ importante per la comunità trovare ed inventare nuove forme, luoghi, modi più appropriati che le permettano di percepirsi come collettività.(…) dall’altra parte religione laica e religione tradizionale non si possono considerare rigidamente separate, ma in alcuni momenti si compenetrano, si sovrappongono, si sostengono vicendevolmente, tanto che risulta difficile e puramente accademico rintracciarne i confini (…)”.
Al termine di tali ragionamenti vi è la convinzione da parte degli Autori di aver dimostrato, seppur in modo non del tutto completo e forse non scevro da qualche eccessivo schematismo, i motivi e le contingenze che hanno determinato il permanere nel tempo ed attraverso i mutamenti socio-culturali di una precisa e sempre più pervasiva forma mentale e di comportamento in quanto “(…) funzionale – nel passaggio da una forma religiosa ad un’altra – alla definizione di gerarchie e di un ordine sociale in una comunità che non ha fini se non quello di perpetuare ed eternare se stessa, priva di una prospettiva di progresso sociale e culturale, che in ultima analisi sopravvive anziché vivere realmente(…)”

Post Scriptum

Nel ringraziare il Gruppo di Discussione Critica per la gentile concessione in anteprima del lavoro, ancorché non definitivo, vogliamo aggiungere a questa incompleta recensione le seguenti brevi considerazioni. A nostro modesto avviso, non appena il saggio sarà pronto per la stampa, sarebbe opportuno che la Cassa Rurale di Fiemme, di solito sempre disponibile a promuovere iniziative culturali “fatte in casa”, provvedesse a pubblicarlo in sufficiente numero di copie e a distribuirlo a tutte le famiglie del paese. Forse allora qualcuno capirebbe, finalmente, perché questa gente non si è ancora emancipata da un vizio atavico: quello di impuntarsi di fronte all’evidenza dei fatti, di non voler cambiare e reagire, di ostinarsi pervicacemente, per purissima “ticca”, perché noi siamo i Sapienti, perché così è e basta! Forse allora qualcuno capirebbe anche perché “Stava” non è stato un caso, un tragico ineluttabile evento, ma la conseguenza colposa di un non pensare (ognuno per la propria parte) all’interesse pubblico con la propria testa, e di un sistematico rinunciarvi delegando sempre e comunque ad altri l’esercizio intellettuale. Se si vuole uscire dall’ empasse culturale che sta soffocando questo nostro paese e che lo sta velocemente degradando è opportuno che la maschera di Teserano venga riposta al più presto e il confronto franco si rafforzi. Adesso tutto è immobile (tranne le auto e le ruspe, purtroppo). Tutti (silenziosamente) si accontentano di questa “materialistica beatitudine”, altrimenti detta benessere, amplificata dalla possibilità, mai negata dall’autorità amministrativa, di consumare territorio a piacimento per edificare ovunque si voglia il proprio castello. Tutti (o quasi) soddisfatti e gaudenti del proprio orticello e tranquillamente disinteressati di qualsiasi cosa accada un metro appena oltre esso. È un’immobilità che non è solo culturale, ma anche politica, e la prima è probabilmente conseguenza della seconda. Perché in sessant’anni di regime democratico, tranne che in un’occasione, subito dopo gli anni della guerra (sindaco il Maestro Francesco Mich “Margiotin”), di generazione in generazione, il gruppo di potere, che ha tenuto le redini del paese, pur tra personalismi che determinarono dissidi interni e faziose scissioni, è sempre stato lo stesso. Per questo da oltre 50 anni i consigli comunali non producono idee e non fanno analisi critica dei fatti, cosa quest’ultima “riservata” solo a pochissimi e ben emarginati “bastian contrari”. Da mezzo secolo le Amministrazioni di Tesero guidano a vista, inseguendo sempre con ritardo le contingenze ed escogitando soluzioni che soluzioni spesso non sono. Perché qui tutto quel che dissente è imbavagliato, perché lo slancio e il vigore non “controllati” sono mal sopportati, perché soprattutto, patologicamente, manca una visione d’insieme delle cose.

L’Orco

Nessun commento:

Posta un commento

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
Foto di Euro Delladio

MINU

MINU
Foto di Sabina

Archivio blog