25/08/08

L'ESTATE DI AL CAFONE


L’Italia in vacanza dice molto più di se stessa che nelle altre stagioni. Anche quest’anno sono in ferie in un villaggio turistico (motivi famigliari) e sulla spiaggia, quando non sono impegnato a respingere con cortesia e fermezza le proposte più bizzarre degli animatori che vorrebbero coinvolgermi in un girone infernale di tornei, passo il tempo a leggere e a sonnecchiare. Ma c’è un momento della giornata in cui, qualunque cosa stia facendo, mi blocco e rimango rapito ad ammirare lo spettacolo: l’ora dell’ "acquagym". Una mandria di bagnanti maschi e femmine, perlopiù flaccidi e inguardabili, dunque orgogliosissimi di farsi guardare, ballonzolano ritmicamente per una mezz’oretta buona con l’acqua alla cintola sulle note di vari motivetti della discodance anni 80 tentando invano di ripetere i movimenti che, dalla riva, suggerisce loro una graziosa animatrice. Fissandoli negli occhi, inspiegabilmente raggianti, si ha la netta impressione che quello sia il loro momento, la loro mezz’oretta di celebrità, una specie di Isola dei Famosi proletaria e democratica, aperta a tutti, senza bisogno di selezioni o nomination. In quei corpi sudaticci e sgraziati, che tremolano come gelatine malferme, c’è tutta la volgarità, l’esibizionismo, la vuotaggine della società italiana degli ultimi anni. Fino a qualche tempo fa, osservando la gente sotto l’ombrellone, era rarissimo trovare qualcuno che non leggesse almeno un giornale, una rivista, un libro. Oggi la stragrande maggioranza non legge nulla. Mai. Per tutto il giorno. Per tutta la vacanza. Il tempo che una volta era dedicato alla lettura oggi è riservato ad armeggiare col cellulare (sempre con suonerie sgangherate e a diecimila decibel), a ripetere ad altissima voce i tormentoni ebeti sentiti alla televisione, a viziare bambini obesi e cafoneggianti ricoprendoli di gelati, ghiaccioli, cornetti, leccalecca, patatine, popcorn e porcherie varie (ultima trovata: il chupa-chupa con ventilatore incorporato, in grado di tranciare anche tre dita per bambino), a guardare nel vuoto per ore e ore sotto il sole, o, per i più impegnati, a grattarsi la pancia davanti a tutti. Un gruppetto di tamarri sui cinquant’anni prelevano ogni giorno le sdraio dalla fila, le immergono nell’acqua, oltre il bagnascuga, restandovi stravaccati a mollo per tutto il giorno, e lì le lasciano la sera, finchè un’onda non se le porta via, tanto quella mica è roba loro. Devono essere gli stessi che scorrazzano nella stanza sopra la nostra con gli zoccoli ai piedi fino alle quattro del mattino. Di fronte a me, un nonno passa il tempo a farsi dare dello “stronzo-testadicazzo-figliodiputtana” dal nipotino di 6-7 anni. Al posto del moccioso, io da piccolo avrei perso i denti con mio padre e le gengive con mio nonno. Invece questo nonno moderno trova simpaticissimo il nipotino, e lo ricompensa con ogni sorta di regali per la squisita educazione. Tra qualche anno, se tutto va bene, il piccolo mostro diventerà ministro. Dichiarerà guerra ai fannulloni, manderà i soldati nelle strade, chiederà l’arresto dei mendicanti, bandirà Blob e Montalbano dalla televisione pubblica, metterà il grembiule alle scolaresche e il velo ai nudi del Tiepolo, perché è ora di finirla con tutto questo permissivismo e questa volgarità.

Marco Travaglio

1 commento:

  1. "Possibile che i cafoni debba trovarmeli tra i piedi sempre io?" Con soddisfazione prendo atto che anche la vacanza di Travaglio è tormentata da siffatta gente e questo mi da conforto. Una quindicina di giorni fa, facendo il giro del Lago Crespeina, mi ritrovo davanti un padre coi figlioletti che, ben educati alle dure leggi del montanaro, come degli stambecchi, danno mostra della loro abilita di scalatori saltellando di qua e di la tra sentieri e roccette, spintonando pericolosamente i “pigri” gitanti che, come me, con cadenzato passo risalgono tranquillamente il vallone che porta alla prima forcella. Nel frattempo il padre dava sfoggio della propria cultura alpestre sciorinando a voce alta il nome delle cime circostanti, indovinandone una su dieci, a dimostrazione della teoria tutta italiana che, anche se spari un sacco di balle, hai comunque la possibilità che, se il tuo interlocutorie è un ignorante, ci fai un figurone. Tentar non nuoce. Così funziona. I pargoli, intanto, raggiunta la meta (la loro!), devono comunicare immediatamente via etere al resto della ciurma (la mamma), l'avvenuta conquista e renderne partecipi anche le decine di persone che, loro malgrado, si trovano ad assistere alla penosa scena. Presto però! Bisogna tornare al rifugio Jimmy Hof (Jimmy? E la ladinità?) per trangugiare quintali di lucanica e polenta, sacrosanta ricompensa a tale immane fatica. Nel male il bene sta nel fatto che questi personaggi hanno, per nostra fortuna, poca autonomia (poichè le energie le sprecano soprattutto in chiacchiere). Varcata la prima forcella, infatti, ce li siamo lasciati alle spalle e pian piano il loro vociare si è perso nel silenzio dell'altipiano del Puez. Questo è un episodio che, se preso isolatamente, farebbe ridere. Alcuni giorni dopo mi ritrovo a litigare con uno perché mi sono permesso di richiamare il figlio che da alcuni minuti stava gettando sassi dalla cima del Corno Bianco. “In montagna non si buttano mai i sassi di sotto”, dico. “Sì! Arriva lei e non si possono buttare i sassi!”, mi risponde il padre. Ci mancava un “Lei non sa chi sono io!” Cose da pazzi! Purtroppo questo è il profilo del gitante medio di oggi. Maleducato. Non solo maleducato alla cultura della montagna, e di questo rimprovero gli operatori turistici che non si adoperano abbastanza ché la gente vada in montagna con un giusto atteggiamento, ma maleducato nel senso più stretto della parola. La cafoneria cui allude Travaglio portata in montagna, con risultati devastanti. L'ennesima occasione persa sulla via dello sviluppo indiscriminato ed incondizionato. Peccato!

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