21/08/08

IL TRIDUO D'AGOSTO


La Chiesa cattolica di rito teserano concluderà sul finire di questa settimana le solenni celebrazioni del sacro triduo d’agosto: le Corte, la Tonda, SanBà. Il culmine dei circenses ovviamente è la gran festa dell’Alpe. La sagra delle sagre di Tesero. La più attesa dell’anno e alla quale partecipa con devozione la totalità dei credenti. Ha voglia il signor Papa sgolarsi ad esortare i cristiani all’unità delle Chiese d’Oriente e d’Occidente… Ormai ogni più piccolo paese ha il suo proprio rito, con adeguate e dedicate liturgie, testi sacri appositamente revisionati da esegeti del posto ed officianti consacrati direttamente dall’autorità religiosa locale. Le ragioni sono evidenti, conseguenza dell’inarrestabile lavorio della globalizzazione economico-culturale ancor prima che razziale, e della altrettanto conseguente necessità di preservare lo spirito più puro della comunità dalle contaminazioni esterne. Quindi, sull’onda di infinite e microscopiche spinte auto-secessioniste, piccole patrie crescono, e con esse, in perfetta armonia, le Chiese fatte in casa. Ci pare davvero strano che il sommo pontefice non se ne sia ancora accorto.
Nel nostro piccolo universo paesano la commistione tra sacro e profano è talmente imbrogliata che smatassarla ormai è impossibile. E così è di gran lunga più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago, piuttosto che un Teserano si astenga (per rispetto papale) dalla partecipazione ai sacri riti pagani d’agosto. Già il compianto don Dellantonio, integerrimo moenese, in tempi lontani e del tutto diversi, ci aveva provato a separare il grano dal loglio e le pecore bianche dalle pecore nere. Ma già allora il risultato era stato deludente. Il reverendo don Daprà, pragmatico pastore, moenese pure lui, dopo dieci anni di meticolosa analisi della temperie culturale paesana, è giunto alla sconsolata conclusione che non c’è più ovile che tenga. L’osmosi tra bene e male è perfettamente compiuta. La cesura non c’è più: nessuno, perlomeno, ne percepisce i confini. Oggi il gregge è a tal punto brado e ingovernabile che anche l’arciprete, se vuole mantenere un simulacro d’autorità spirituale, deve adeguarsi alla bisogna e calarsi nella secolarità di questo pazzo mondo. Da un po’ lo scorgiamo rientrare in canonica nottetempo, proveniente da piazza Nuova, ove ogni lunedì e giovedì sera, colà si reca per assistere all’imperdibile ed affascinante spettacolo di baby dance. O forse, soltanto per allontanare per qualche ora l’amaro calice di un’evidente solitudine. Spesso, noi esuli pellegrini del “Circolo de la Banca Parlante” di via 4 Novembre, cerchiamo di intrattenerlo al suo passaggio: tanto per carpirne una parola o magari, chissà, una benedizione. Ma non è facile. Il Pastore è sfuggente. In verità lo capiamo: noi siamo le pecore nere… Quando va bene però ci concede una battuta di… spirito. L’altra sera infatti, dopo averci gentilmente salutato, si è soffermato per qualche istante, quindi ha proferito la seguente misteriosa locuzione: “Te-te-ri-ti-ri-ti? Ta-ta-ra-ta-ra-ta!”. Poi se ne è andato… Al che, dopo un inevitabile sobbalzo sulla nostra paziente e docile Banca Parlante ci siamo guardati pensosi e un po’ preoccupati. Che tempi! Che tempi!

Ario Dannati

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