16/06/08

OCTOBER SURPRISE


«Catturate bin Laden prima che io lasci la carica, ordina George Bush». E’ il titolo del Times di Londra (1). Appena arrivato in Inghilterra, ancor prima di prendere il tè con la regina, il presidente americano ha impegnato forze speciali inglesi ad una caccia intensificata al mega-terrorista, ancora uccel di bosco dopo 7 anni. E dire che il 13 settembre 2006, Bush aveva detto che prendere Osama non era «la priorità assoluta in cui impiegare le risorse belliche americane», e che lui, personalmente, «non si preoccupava più di tanto di lui», che era davvero «non molto importante». Questo due anni fa. Ora che si avvicinano le elezioni di novembre in USA, è necessario mostrare un «successo» dell’amministrazione, onde favorire il candidato repubblicano McCain. Si chiama «october surprise», sorpresa d’ottobre, una tradizione nella manipolazione dell’opinione pubblica in USA. Avverrà in ottobre, non un mese di più o di meno: poco prima delle urne di novembre. Sicché possiamo farvi con sicurezza una profezia: finalmente bin Laden sarà preso. Vivo o morto. Più probabilmente morto. Così ce lo mostreranno, come ci mostrarono Al Zarkawi. Ve lo ricordate? Era il «capo di Al Qaeda in Iraq», impegnatissimo a far esplodere moschee sciite (mai un graffio contro un americano), benché dato per morto già nel 2005 da Le Monde. Forse ve lo siete dimenticato. E’ su questo che fanno conto i manovratori della grande fiction, la vostra memoria evanescente. E’ la loro miglior alleata. Dunque ricordiamo. Durante tutte le sanguinose imprese che attribuivano ad Al Zarkawi, i TG ci mostravano di lui una foto, sempre la stessa, sgranata, presa decenni prima. Poi, il 10 aprile 2006, accade qualcosa. Il Washington Post quel giorno pubblica documenti interni del Pentagono, fatti giungere al giornale da una «manina» anonima, dove si ammette che Al Zarkawi è un programma di propaganda del Pentagono medesimo, autore anche dei proclami del terrorista. Passano due settimane, e tutti i telegiornali riprendono a parlare di Al Zarkawi, in voce e in immagini. Ma non si tratta più della solita vecchia foto sgranata. Stavolta è un videoclip di qualità professionale, che mostra Al Zarkawi vivo e vegeto, mentre maneggia un grosso mitragliatore nel tentativo (solo goffamente riuscito) di sparare una raffica. Dunque esiste, ecco la prova. Solo i complottisti possono dubitare di un autentico videoclip: Al Zarkawi è in TV, ed è così palesemente arabo-semita, malvagio e armato... esiste, esiste. Il Washington Post è smentito dalla realtà in video. Ancora qualche settimana - 7 giugno 2006 - e il Pentagono può finalmente annunciare un grande successo: hanno ammazzato Al Zarkawi. I superiori mezzi spionistici USA l’hanno localizzato, spiegano i TG, e hanno fatto decollare un F-16 che gli ha lanciato addosso due bombe da 250 chili. Bombe intelligenti. Intelligentissime. Perchè il cadavere di Al Zarkawi che ci mostrano non è un ammasso sanguinolento e irriconoscibile come l’avrebbero reso 500 chili di tritolo senza cervello, bensì un cadavere ben composto, che pare dormire, con la faccia intatta e pulita: ed è proprio lui, quello del videoclip. Tutti abbiamo potuto vedere la verità. L’uomo che le indiscrezioni del Washington Post avevano «bruciato», ha reso un ultimo servizio alla Guerra psicologica. Come del maiale, di Al Zarkawi non si butta via niente. Così rinfrescata la memoria (quella con la «m» minuscola), qualcuno potrà forse ricordare che anche Osama bin Laden è stato dato per morto molte volte. L’ultima da Benazir Bhutto: nell’ottobre 2007, poche settimane prima di cadere sotto un altro attentato terrorista islamico, la signora aveva accennato, quasi incidentalmente, a «l’uomo che ha ucciso Osama bin Laden», facendone anche il nome: Omar Sheikh. Uno che il Times di Londra aveva definito nel 2002 «non un terrorista qualunque, ma un individuo collegato coi più alti circoli dell’intelligence militare pakistana (ISI) e allo stesso tempo nella cerchia interna» di Al Qaeda. Questo video della Bhutto circola dovunque su internet. Ma a quello non dovete credere. C’è video e video, e quello non era autorizzato. Bisogna credere solo agli audio di cui bin Laden continua ad inondare il mondo, quelli che scopre infaticabilmente Rita Katz, su siti islamici che lei solo conosce. Audio senza video (al massimo con una foto immobile di Osama), che annuncia attentati che poi non avvengono, che minaccia a destra e a manca. E nessuno lo trova, tranne Katz. «Non è tanto importante», come diceva Bush. Poi, di colpo, qualcosa accade, via via che si scalda la campagna presidenziale. Diamo il susseguirsi degli strani eventi per data: 15 maggio 2008: John McCain, il candidato repubblicano, si fa intervistare dalla ABC News e profetizza: Osama bin Laden sarà catturato o ucciso, perchè la cooperazione del Pakistan alla sua caccia è più intensa e l’intelligence nella regione è migliorata. L’asserzione colpisce anche ABC News, che titola: «McCain’s crystal ball: Osama caught». Insomma, il candidato favorito ha la sfera di cristallo (2). 16 maggio: bin Laden in persona si rifà vivo, e dice che d’ora in poi Al Qaeda si dedicherà a battere Israele. Dice anche che lui ha provocato l’11 settembre per mostrare che ha a cuore la causa dei palestinesi - una causa a cui era sembrato del tutto indifferente nei messaggi trasmessi nei sette anni precedenti. Ma è il sessagenario di Israele, e bin Laden - anche lui - ha recuperato la memoria: ora si ricorda chi è il nemico principale: non gli sciiti iracheni, ma i sionisti. Anche quest’audio è stato trovato da Katz. Quindi è vero, Osama è vivo, la Bhutto è smentita. 27 maggio: la CIA si domanda pubblicamente «chi prenderà il posto di bin Laden se viene catturato o ucciso»? E prevede che in Al Qaeda si aprirà una «crisi di successione». 29 maggio: l’intelligence USA fa sapere: ha finalmente «localizzato Osama bin Laden» (3). Si trova sul Karakorum. Qualche giornalista consulta una carta e titola: Osama bin Laden è sotto il K2, che infatti è una delle vette del Karakorum. Diciamo che abita in una caverna a 3-4 mila metri di quota. Non male per un terrorista in dialisi renale. Solo che questa celebre catena montuosa, come si può appurare, si stende per quasi 500 chilometri dal Pakistan alla Cina, passando per il Kashmir. Non pare una «localizzazione» precisissima. Allora arriva la precisazione: Osama è stato localizzato nell’area tribale del Bajaur, nel Pakistan del nord-ovest. A dare la notizia è Al-Arabiya, la TV satellitare del Dubai. Proprio in quei giorni a Doha c’è stata una riunione presieduta dal nuovo comandante in capo delle forze in Iraq, il generale ebreo David Petraeus, ed è ragionevole supporre che la preziosa informazione sia filtrata da lì. 30 maggio: la ABC rende noto: «Le voci sulla morte di Osama bin Laden sono seppellite». Stavolta sono addirittura «capi talebani in Pakistan e Afghanistan» a sostenere che Osama è vivo. Un’altra smentita alla Bhutto. Che è morta e non può replicare. Chi sono quei capi talebani? La ABC non lo dice (4). 11 giugno 2008: aerei americani ammazzano 11 soldati pakistani (fra cui un maggiore) al confine con l’Afghanistan. Per colpirli hanno levato due F-16 e un bombardiere B-1, che li hanno seppelliti di bombe intelligenti da 250 chili. Il Pakistan protesta. «L’attacco, spiega l’Herald Tribune (5), viene in un momento di tensione crescente fra gli USA e il nuovo governo pakistano, che ha dato mano libera ai militanti islamici nelle sue aree di confine con una serie di armistizi separati, che hanno suscitato critiche degli Stati Uniti. La NATO e i comandi americani dicono che da allora gli attacchi dai santuari oltreconfine in Afghanistan sono cresciuti moltissimo». Un errore? Il nuovo governo, che di fatto ha esautorato Musharraf, non è più tanto collaborativo nella guerra mondiale al terrorismo. «Le bombe sono cadute dove dovevano cadere», dice un anonimo ufficale USA sul terreno. 15 giugno: «Catturate bin Laden prima che io lasci la poltrona», ordina Bush. E stavolta la caccia al terrorista «è completamente sottoscritta dal governo pakistano», spiega il Times. L’adesione alla caccia potrebbe consentire libero accesso sul territorio pakistano di «aerei senza pilota Predator», che cercano ostinatamente Osama con le loro telecamere e che per di più sono armati di «missili Hellfire destinati a colpire specifici bersagli terroristici». Il Pakistan ha capito che deve darsi una mossa; il cerchio si stringe attorno al terrorista, come dimostra l’intensificarsi delle notizie sulla «caccia». Almeno sui media, egli è braccato, disperato lassù sul Karakorum, col fiato delle forze speciali sul collo. Osama deve essere preso prima delle elezioni americane, vivo o morto. Più probabilmente morto, ma perfettamente riconoscibile nel video che ci verrà offerto. Sarà un gran giorno per Emilio Fede. E anche per Magdi Allam, che finalmente riuscirà a piazzare un articolo sul Corriere, dopo i tanti che Mieli gli ha bocciato. Ma sarà l’ultimo, probabilmente. Contrariamente ad Al Zarkawi, Magdi non è riciclabile, ora che è diventato cattolico. Sarà un brutto giorno anche per Rita Katz, che resterà disoccupata? Vedremo, magari ha già trovato un altro lavoro. O un sostituto: la CIA non ha detto che qualcuno dovrà pur succedere ad Osama alla testa di Al Qaeda? Sedetevi comodi davanti alla TV, con i salatini e la Coke. Va in scena «October surprise».


Maurizio Blondet

1) Sarah Baxter, «Get Osama bin Laden before I leave office, orders George W. Bush», Times, 15 giugno 2008.2) «The Iraq War has been won» McCain will say, according to excerpts of the remarks released Wednesday night by his campaign. «Iraq is a functioning democracy, although still suffering from the lingering effects of decades of tyranny and centuries of sectarian tension (…). Osama bin Laden will have been captured or killed, McCain will say, because of closer cooperation with the government of Pakistan and better intelligence gathering in the region».3) «Report: Osama ‘located’ », Spectator, 27 maggio 2008.4) Rahimullah Yusufzai, «Rumors of OBL death put to rest», ABC News, 29 maggio 2008.5) Carlotta Gall, «Pakistan says US airstrike killed 11 of its soldiers», Herald Tribune, 11 giugno 2008.

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