20/05/08

NUCLEARE: SI O NO?


Davvero il nucleare è la soluzione? L’alternativa delle fonti rinnovabili è fatta di idroelettrico, eolico, geotermia, solare fotovoltaico e termodinamico. E di nuove idee.

Il nucleare torna a passo di carica. Se ne sente un gran parlare in giro. Ma a cosa è dovuto il fascino di questa tecnologia da cui l’Italia ha divorziato con il referendum del 1987? Almeno tre ci sembrano gli aspetti da analizzare. La sicurezza: è vero che il nucleare è una fonte energetica sicura? Certamente l’uranio è più sicuro del petrolio, non fosse altro per il fatto che è estratto soprattutto in paesi “amici” quali il Canada, l’Australia, gli Usa ed il Sudafrica. È però vero che anche l’uranio è in via di esaurimento: ai ritmi di estrazione attuali rimangono pochi decenni di uranio a prezzi contenuti. Quindi in termini di strategia geopolitica il nucleare è un’alternativa migliore del petrolio, ma il suo rapido esaurimento creerà inevitabilmente tensioni nel tempo. Niente emissioni: è vero che il nucleare risolverebbe il problema delle emissioni di gas serra? Un reattore nucleare non emette anidride carbonica, poiché non c’è combustione; resta però il problema delle scorie, tuttora irrisolto. Persino alcuni ambientalisti pragmatici si sono lasciati sedurre dall’argomento che il nucleare è la fonte di energia meno problematica per il riscaldamento climatico. Argomento che va circostanziato. Per esempio: la Francia ha 59 centrali nucleari che coprono il 76% del fabbisogno energetico nazionale: forse dovrebbe chiudere le sue centrali e rimpiazzarle con le uniche tecnologie esistenti oggi, cioè le turbogas o peggio ancora le centrali a carbone? Assolutamente no: sarebbe una follia economica e ambientale. Ora prendiamo il caso dell’Italia: nessuna centrale nucleare e produzione della gran parte dell’energia bruciando gas e carbone. Che fare? C’è chi sostiene che dovremmo passare nel giro di pochi anni attraverso investimenti massicci al nucleare: ciò significa costruire almeno una centrale nucleare per regione per coprire meno di un quarto dei nostri consumi. Per di più farlo ora significa investire in tecnologie che hanno tutti i problemi di scorie e sicurezza che conosciamo. Il nostro Paese deve ora sostituire la fonte energetica principale - i combustibili fossili - con qualcos’altro: in ogni caso, sia nucleare che rinnovabili rappresentano una sfida che anche finanziariamente è molto impegnativa. Ma un’analisi ragionata ci offre molte ragioni per pensare che gli investimenti ingenti necessari siano meglio spesi per tentare la via delle rinnovabili: alcune sono già oggi economicamente convenienti anche rispetto a gas e carbone, altre lo potrebbero diventare presto, altre ancora necessitano di ricerca e sperimentazione. Passiamole brevemente in rassegna. L’idroelettrico. Oggi quasi tutta l’energia rinnovabile prodotta in Italia arriva dall’idroelettrico che copre circa il 15% della produzione totale. Sono limitati gli spazi per la costruzione di nuove grandi dighe ma uno sviluppo interessante viene dal micro e mini idroelettrico, e cioè all’installazione di piccoli impianti che generano energia dal flusso normale di fiumi e torrenti. L’eolico. L’energia prodotta dal vento ha costi di produzione ai livelli delle fonti non rinnovabili. In paesi come la Spagna e la Danimarca copre già oggi una percentuale importante del fabbisogno nazionale. In Italia siamo indietro perché da noi, invece dei forti venti atlantici soffiano i venti del Nimby (acronimo inglese per Not In My Back Yard, letterale "Non nel mio cortile") e di un certo ambientalismo conservatore che accusa i mulini eolici di avere un elevato impatto ambientale. Il solare fotovoltaico. I pannelli solari fotovoltaici sono una fonte per ora ancora costosa, per questo molti Paesi (compresa l’Italia con il Conto Energia) hanno promosso incentivi statali che la rendono più conveniente, nella speranza che i massicci investimenti portino con il tempo ad un radicale taglio dei costi. Se questo avverrà, l’autonomia energetica grazie al sole potrebbe diventare realtà e tutti i tetti degli edifici del paese potrebbero essere riconvertiti alla produzione di energia. Il solare termodinamico. La tecnologia del solare termodinamico è stata perfezionata dal premio Nobel Carlo Rubbia, che per un periodo è dovuto emigrare in Spagna per trovare ascolto e finanziamenti. Si tratta di sfruttare la vecchia intuizione di Archimede ed attraverso una distesa di specchi mobili governati dal computer, concentrare una grande quantità di luce solare su un contenitore di sali liquidi, i cui vapori – che raggiungono e mantengono per giorni temperature altissime – muoverebbero le classiche turbine che generano corrente elettrica. La tecnologia è già in funzione in alcune piccole e medie centrali in USA, Spagna ed Italia. Molti ritengono il solare termodinamico il futuro più credibile per le rinnovabili e il club di Roma (http://www.trecers.net/) si è di recente spinto ad ipotizzare una rete elettrica europea che preleva l’energia laddove la radiazione solare è più potente, sulle coste del nord Africa: coprendo di specchi il 0,3% delle sue superfici desertiche si produrrebbe l’energia elettrica necessaria al fabbisogno energetico attuale e potenziale dell’intera Europa. Ne servirebbe quindi molto meno per coprire solo una fetta del mix energetico necessario. La nuova geotermia. È forse dalla geotermia che potrebbero arrivare le più grosse sorprese soprattutto per il nostro paese. Già oggi in Italia abbiamo importanti centrali geotermiche come quelle di Lardarello e del monte Amiata. In tutto il mondo si studia la possibilità di sfruttare quell’enorme quantità di calore sotterraneo dovuto ai vari assottigliamenti della crosta terrestre presenti anche nel nostro Tirreno e nei dintorni dei vulcani d’Italia. Il potenziale energetico della geotermia di nuova generazione è enorme e paradossalmente le innovazioni tecnologiche necessarie per il suo sfruttamento stanno giungendo proprio da quel settore - l’estrazione petrolifera - che il geotermico e le altre fonti rinnovabili ci prospettano concretamente un giorno di superare.

Matteo Rizzolli

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