07/05/08

DITECI CHE NON E' VERO


Anche Marcelletti? Non ci credo. Ma quale Marcelletti, il chirurgo del cuore che guariva i bambini e campeggiava con i suoi baffoni rassicuranti sulle copertine dei settimanali per famiglie? Truffa, peculato, concussione. Hanno pure rintracciato le immagini discinte di una minorenne sul suo telefono cellulare. Il cellulare di un uomo forte e coraggioso, che divise l’Italia cercando di dividere due gemelli siamesi. Ti dico che non ci credo. Di più: non voglio crederci. Non me lo posso permettere. Siamo alla deriva, come dice il titolo del nuovo libro degli autori della Casta: persino quella, un tempo sacra, dei medici colleziona ormai scandali a cadenza settimanale. E a chi si rifiuta di urlare che il mondo è solo buio, buio e pattumiera, non resta che aggrapparsi ai pochi lampioni rimasti. Veronesi, appena «vaffato» da Grillo. E poi Marcelletti, il salvatore dell’infanzia... Come dici? Si sarebbe fatto dare delle mazzette dai genitori dei suoi piccoli pazienti per garantire loro una sistemazione migliore in ospedale? E avrebbe versato quei soldi nella sua onlus di bimbi cardiopatici, salvo prelevarli da lì per sovvenzionarsi cene e viaggi di piacere? Non può essere. È un complotto. I magistrati sono in malafede. Anzi, sono stati turlupinati. Qualcuno ha servito loro questa bella polpetta avvelenata. Quante volte Marcelletti aveva lamentato il nepotismo e gli intrighi della classe medica? Qualche collega geloso gliel’avrà fatta pagare, è chiaro. Pure le foto della ragazzina sul cellulare, dai... Ma se fosse vero? Se fosse vero, allora non è vero più niente. Dimmi tu in cosa dovremmo ancora credere, se fosse vero. Nelle partite di calcio truccate? Nei ciclisti dopati? Nei finanzieri indebitati? Nei truffatori patentati? Ho fame di esempi positivi, ma se ogni persona nasconde un segreto violento che contraddice la sua storia, a chi appenderò il mio bisogno di affidarmi o almeno di fidarmi? Forse diventerò come quel tipo che non credeva più a nulla e a nessuno, ma talmente a nessuno che quando l’altoparlante della stazione annunciava l’arrivo del suo treno, lui non ci saliva sopra perché era convinto che volessero fregarlo, facendolo salire sul treno sbagliato. Che brutta vita, però. E allora, Marcelletti o non Marcelletti, bisogna continuare a fidarsi. Anzitutto di se stessi. Della propria capacità di giudizio. Tornando ad allenare la «pancia»: l’istinto infallibile con cui nasciamo, ma che si arrugginisce in fretta, perché questa maniera di vivere così cerebrale, così cinica e alla fine così credulona ci insegna fin dall’infanzia a disprezzarlo.


Massimo Gramellini

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