11/02/08

DOPING DELLE API... NO GRAZIE!


Diversi furono i motivi nell’Italia nella seconda metà dell’Ottocento, in tempi di grandi ristrettezze e fame, che avvicinarono parte del clero rurale alle api. Da un lato una formazione culturale di base che distingueva e permetteva al più umile sacerdote di cogliere, e anche di divulgare, le grandi innovazioni in corso; dall’altro lato la ricerca di fonti di sostentamento. Nel pieno del conflitto con il giovane Stato italiano e la sua pretesa di gestire il potere temporale, anche i gradi più bassi del clero conobbero una qualche difficoltà materiale di sopravvivenza. Ciò che facilitò e non poco la relazione preti e api, oltre alla consolidata tradizione monastica, fu anche una peculiarità inerente all’aspetto e al necessario distintivo decoro. Il buon sentore delle api non comporta l’afrore persistente di stalla. Per il buon curato di campagna il “profumo d’api” ben si addiceva all’altare e pure lo distingueva come pastore dal suo umano, odoroso, gregge. Raramente ci si ricorda e si parla della fragranza delle api che costante accompagna l’apicoltore, ma credo sia invece una delle radici e motivazioni della passione e piacere per questo lavoro. L’olfatto, infatti, è un senso molto più importante di quanto in genere sia ritenuto in quest’epoca fatta di sovra stimolazioni visive e uditive. Spiacevole cambiamento è che, da un po’ di tempo a questa parte invece, amici e conoscenti apistici si dividono in due categorie: quelli che sono sempre circonfusi di aromi essenziali o di acido e quelli che si portano addosso o nell’automezzo il puzzo di micidiali coktail di molecole chimiche. Ovviamente tra queste due categorie estreme si collocano poi infinite varianti e sfumature anche olfattive. Nella mia aziendina rientriamo a pieno titolo nella categoria degli olezzanti di acidi e aromi e purtroppo senza sapere se in effetti, come vorremmo, sia questa la strada che garantisce futuro alle nostre api. Certo i nostri alveari non sono messi bene e lamentiamo perdite rilevanti. Ma ciò che è altrettanto certo è che a fronte delle difficoltà l’ultima cosa da fare è smettere di provare, condividere e proporre. Tale attitudine è ben testimoniata da questo numero di L’Apis. E in particolare dal Dossier allegato che esprime il diritto di discutere, e proporre di modificare, le norme veterinarie sciocche e controproducenti. L’arma vincente alla fine non sta, infatti, solo in questa o quella “medicina” ma nella capacità di condividere e costruire, insieme, vie di sopravvivenza. Ma anche le avversità, ed è risaputo, si danno di mano tra loro per cercare di trasformarsi in mazzate mortali. Non bastavano: il calo di prezzi dello scorso anno, i pesticidi neurotossici in stagione, la siccità imperante e le carenze polliniche, la varroa da luglio in avanti. Ora ci troviamo pure a fronteggiare il tentativo di rendere “legali” elevati residui di antibiotici nel miele. L’U.e. sta, infatti, cambiando la normativa sui trattamenti sanitari degli allevamenti. Si vuole definire la soglia di ricerca analitica di presenza infinitesimale di sostanze negli alimenti derivati da animali cui non sono somministrabili molecole consentite invece per altre specie. Da anni sosteniamo che, con le attuali capacità analitiche, il concetto di “zero assoluto” è irrealistico e impraticabile e che bisogna determinare livelli certi per effettuare sia il controllo che l’autocontrollo. Nell’ambito di tale obiettivo, per avere ad esempio analogo livello di ricerca di anabolizzanti nelle carni, si apre una finestra di delega ai “tecnici”. E in quel varco “tecnico”è andata a infilarsi la spudorata proposta della Germania, guarda caso, per ottenere di fatto “l’autorizzazione” nei mieli di elevati quantitativi dei vari antibiotici, e poter di conseguenza importare liberamente da tutto il mondo senza vincoli e commercializzare quindi senza“allarmi comunitari” di sorta. Questo proprio mentre la gran maggioranza di apicoltori italiani, volenti o nolenti, sta verificando che sono ben altre le gravi difficoltà sanitarie e che con la peste americana c’è modo molto più efficiente ed efficace di combattere che non il doping dell’eterna somministrazione di polverine. L’augurio è che prevalga alla fine il senso del limite, e soprattutto il buon senso. Speriamo che anche su tale terreno si sappia costruire, insieme. Abbiamo vinto battaglie anche più ardue e in effetti c’è poi, forse, una piccola buona novella alle porte. Si osserva una certa inversione di tendenza nei prezzi di scambio internazionale del miele. Che si sia entrati in un’altra onda? Che ci sia un’inversione di tendenza anche per le avversità?


Francesco Panella direttore di “LAPIS”

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