05/07/07

PENSARE A PIEDI


Bisogna essere lenti come un vecchio treno di campagna e di contadine vestite di nero, come chi va a piedi e vede aprirsi magicamente il mondo, perché andare a piedi è sfogliare il libro e invece correre è guardarne soltanto la copertina. Bisogna essere lenti, amare le soste per guardare il cammino fatto, sentire la stanchezza conquistare come una malinconia le membra, invidiare l’anarchia dolce di chi inventa di momento in momento la strada. Bisogna imparare a star da sé e aspettare in silenzio, ogni tanto esser felici di avere in tasca soltanto le mani. Andare lenti è incontrare cani senza travolgerli, è dare i nomi agli alberi, agli angoli, ai pali della luce, è trovare una panchina, è portarsi dentro i propri pensieri lasciandoli affiorare a seconda della strada, bolle che salgono a galla e che quando sono forti scoppiano e vanno a confondersi al cielo. È suscitare un pensiero involontario e non progettante, non il risultato dello scopo e della volontà, ma il pensiero necessario, quello che viene su da solo, da un accordo tra mente e mondo. Andare lenti è fermarsi su un lungomare, su una spiaggia, su una scogliera inquinata, su una collina bruciata dall’estate, andare col vento di una barca e zigzagare per andar dritti. Andare lenti è conoscere le mille differenze della propria forma di vita, i nomi degli amici, i colori e le piogge, i giochi e le veglie, le confidenze e le maldicenze. Andare lenti sono le stazioni intermedie, i capistazione, i bagagli antichi e i gabinetti, la ghiaia e i piccoli giardini, i passaggi a livello con gente che aspetta, un vecchio carro con un giovane cavallo, una scarsità che non si vergogna, una fontana pubblica, una persiana con occhi nascosti all’ombra. Andare lenti è rispettare il tempo, abitarlo con poche cose di grande valore, con noia e nostalgia, con desideri immensi sigillati nel cuore e pronti ad esplodere oppure puntati sul cielo perché stretti da mille interdetti. Andare lenti è ruminare, imitare lo sguardo infinito dei buoi, l’attesa paziente dei cani, sapersi riempire la giornata con un tramonto, pane e olio. Andare lenti vuol dire avere un grande armadio per tutti i sogni, con grandi racconti per piccoli viaggiatori, teatri plaudenti per attori mediocri, vuol dire una corriera stroncata da una salita, il desiderio attraverso gli sguardi, poche parole capaci di vivere nel deserto, la scomparsa della folla variopinta delle merci e il tornar grandi delle cose necessarie. Andare lenti è essere provincia senza disperare, al riparo dalla storia vanitosa, dentro alla meschinità e ai sogni, fuori della scena principale e più vicini a tutti i segreti. Andare lenti è il filosofare di tutti, vivere ad un’altra velocità, più vicini agli inizi e alle fini, laddove si fa l’esperienza grande del mondo, appena entrati in esso o vicini al congedo. Andare lenti significa poter scendere senza farsi male, non annegarsi nelle emozioni industriali, ma essere fedeli a tutti i sensi, assaggiare con il corpo la terra che attraversiamo. Andare lenti vuol dire ringraziare il mondo, farsene riempire. C’è più vita in dieci chilometri lenti e a piedi che in una rotta transoceanica che ti affoga nella tua solitudine progettante, un’ingordigia che non sa digerire. Si ospitano più altri quando si guarda un cane, un’uscita da scuola, un affacciarsi al balcone, quando in una sosta buia si osserva un giocare a carte, che in un volare, in un faxare, in un internettare. Questo pensiero lento è l’unico pensiero, l’altro è il pensiero che serve a far funzionare la macchina, che ne aumenta la velocità, che si illude di poterlo fare all’infinito. Il pensiero lento offrirà ripari ai profughi del pensiero veloce, quando la macchina inizierà a tremare sempre di più e nessun sapere riuscirà a soffocare il tremito. Il pensiero lento è la più antica costruzione antisismica. Bisogna sin da adesso camminare, pensare a piedi, guardare lentamente le case, scoprire quando il loro ammucchiarsi diventa volgare, desiderare che dietro di esse torni a vedersi il mare. Bisogna pensare la Misura che non è pensabile senza l’andare a piedi, senza fermarsi a guardare gli escrementi degli altri uomini in fuga su macchine veloci. Nessuna saggezza può venire dalla rimozione dei rifiuti. È da questi, dal loro accumulo, dalla merda industriale del mondo che bisogna ripartire se si vuole pensare al futuro. I veloci, i progettanti, i convegnisti, i giornalisti consumano voracemente il mondo e pensano di migliorarlo. La lentezza sa amare la velocità, sa apprezzarne la trasgressione, desidera anche se teme (quanta complessità apre questa contraddizione!) la profanazione contenuta nella velocità, ma la profanazione di massa non ha nulla della sacertà che pure si annida nel sacrilegio, è l’empietà senza valore, un diritto universale all’oltraggio. Nessuna esperienza è più stolida della velocità di massa, della profanazione che non si sa.



Franco Cassano

03/07/07

IL FINTO ZELO

Spett.le
MINISTERO dei TRASPORTI
Piazza della Croce Rossa, 1
00187 R O M A


Alla cortese attenzione del Ministro Bianchi

Egregio Ministro,
qualche tempo fa Le scrissi a proposito dei fari accesi durante la marcia diurna degli autoveicoli. In quella lettera argomentavo dettagliatamente le ragioni del mio dissenso rispetto a quel provvedimento reso obbligatorio e inserito nel nuovo codice della strada. Naturalmente Lei a quella mia lettera non rispose e, ne sono certo, non risponderà nemmeno a questa. Mi accontenterei se riuscisse cortesemente almeno a leggerla. In ogni modo, ieri, 2 luglio 2007, sono venuto a conoscenza – dalla lettura dei quotidiani nazionali – che durante l’ultimo fine settimana sulla rete stradale italiana sono morte complessivamente in diversi incidenti 57 persone e molte altre ne sono rimaste ferite. Evidentemente i fari accesi di giorno (che io continuo a considerare un insulto all’intelligenza e all’ambiente) non riescono ancora a garantire la piena sicurezza stradale; a maggior ragione se contestualmente e per contro a tale obbligo le case costruttrici (ancorché i limiti di velocità previsti dalla legge non siano discrezionali a seconda del modello di auto) “lanciano” sul mercato a ritmo insostenibile autoveicoli con potenze via via più impressionanti. Mi pregio pertanto suggerirLe di far inserire nel nuovo codice un’ulteriore postilla che obblighi le anzidette case automobilistiche a dotare ogni autoveicolo anche di un lampeggiante color verde (per non confonderlo con quello blu delle ambulanze o della polizia) posto sul tetto dell’autoveicolo. Fra qualche mese poi, statistiche alla mano, verificheremo di quanto questo ulteriore accorgimento avrà diminuito il numero delle vittime della strada. Colgo l’occasione inoltre per congratularmi con Lei per aver dato il nullaosta alla proposta, già parzialmente licenziata da codesto Parlamento, di abbassamento dell’età minima per ottenere il foglio rosa (e quindi di poter guidare, accompagnati) a 16 anni. Anche questa nuova trovata, contribuirà, sinergicamente con i provvedimenti di cui sopra, a rendere sempre più tranquille e sicure le nostre strade oltre che a far felice il buon Luca Cordero di Montezemolo.

Cordiali saluti.

Euro Delladio


Tesero, 3 luglio ’07

01/07/07

COSI' VA BENE


Abbiamo appreso (leggasi l’articolo de l’Adige del 30/06/07 di cui sotto) di un’ interessante e sicuramente positiva iniziativa promossa dalle municipalità di Cavalese, Castello-Molina e Varena. Si tratta dell’approntamento di un “pacchetto” di servizi al turista volto alla promozione di una mobilità alternativa all’auto. Saranno a disposizione gratuitamente speciali biciclette a pedalata assistita, bus navetta con porta bici e percorsi “dedicati”, che permetteranno agli ospiti (e naturalmente anche ai residenti), sinergicamente, di fruire in modo nuovo, ecologico, senza fatica e in tutta tranquillità della viabilità secondaria di quei paesi. Seppur a “scatola chiusa”, non avendo ancora i dettagli del tutto, ci dichiariamo pienamente in sintonia con l’iniziativa: tutto quanto promuove uno stile di vita diverso, rispettoso della tranquillità e del silenzio che sono le discriminanti più significative della qualità ambientale (e che la mobilità a motore ne pregiudica grandissima parte) ci troverà sempre d’accordo. Ci rimane un interrogativo: perché a questa intrapresa non hanno aderito anche Tesero, Panchià, Ziano e Predazzo? Mah!

Bus navetta, due ruote solari, tutto per evitare l'auto

Scoprire la valle in bici

VALLE DI FIEMME - I comuni di Castello - Molina, Cavalese e Verena invitano i cittadini e i turisti a «Lasciarsi trasportare» (questo il titolo dell'iniziativa) lungo i percorsi studiati per le passeggiate, le escursioni e i giri in bici. In più c'è anche la possibilità di usare il servizio di trasporto biciclette delle funivie del Cermis. A disposizione del pubblico vengono messe biciclette a pedalata assistita alimentate dall'energia solare, bus navetta con rastrelliera porta bici che serviranno per tornare al punto di partenza e spostarsi da un comune all'altro senza fatica anche per chi è meno allenato e per i bambini. Il materiale informativo per servirsi di questa iniziativa, che ha lo scopo di allietare la permanenza degli ospiti ma soprattutto per favorire la salute dell'ambiente della valle, si può reperire nei comuni che hanno organizzato il servizio e all'Apt di Fiemme in via fratelli Bronzetti 60 a Cavalese. Verranno fornite le mappe, i depliant che illustrano i sette percorsi suggeriti. Le bici possono essere prese in prestito gratuitamente e usate per 3 ore dalle 9 alle 17.


L'Adige 30/06/2007

INCANTO NOTTURNO

INCANTO NOTTURNO
Sara

LE OCHE E I CHIERICHETTI

LE OCHE E I CHIERICHETTI
Bepi Zanon

TESERO 1929

TESERO 1929
Foto Anonimo

PASSATO

PASSATO
Foto Orco

ANCORA ROSA

ANCORA ROSA
Foto Archivio

VIA STAVA ANNI '30

VIA STAVA ANNI '30
foto Anonimo

TESERO DI BIANCO VESTITO

TESERO DI BIANCO VESTITO
Foto Giuliano Sartorelli

LA BAMBOLA SABINA

LA BAMBOLA SABINA
Foto Euro

LA VAL DEL SALIME

LA VAL DEL SALIME
Foto Euro

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN

SEBASTIAN E IL BRENZO DI BEGNESIN
Foto di Euro Delladio

MINU

MINU
Foto di Sabina

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