Da quando Woody Allen disse che la vita non imita l’arte ma la cattiva televisione, la tv è peggiorata parecchio. Figuriamoci la vita. Chi pensa che la disgrazia peggiore degli ultimi anni sia stata la metamorfosi dei cittadini adulti in consumatori infantili troverà una conferma nella storia del tabaccaio sequestrato che in realtà si era sequestrato da solo, per muovere a compassione la mamma e indurla a ripianargli i debiti. Una trama cialtrona che Alberto Sordi avrebbe scartato perché troppo improbabile, mentre oggi Christian De Sica ne trarrebbe senza problemi un filmissimo di Natale. Ci può anche stare che un dodicenne scappi di casa con un po’ d’acqua e qualche bustina di zucchero, immaginando di ripresentarsi con il volto emaciato e di ribaltare le viscere e il portafoglio materni. Ma se a farlo è un commerciante sulla soglia dei quarant'anni che sommerso dai mutui corre a farne altri per pagarsi una vacanza esotica, confidando poi in un imbroglio che impietosisca mammà, significa che intorno a noi sta succedendo qualcosa di molto stupido e terribilmente serio. E questo qualcosa riguarda il processo di rimbambinimento propiziato da programmi televisivi e messaggi pubblicitari. Avete fatto caso a come ci trattano? Da piccoli deficienti a cui bisogna scandire le parole e piantare nel cranio concetti semplici, ripetitivi e improntati a un valore unico: godi l'attimo e consuma più che puoi, tanto il futuro non esiste e le responsabilità neppure. Che noia, dirà qualcuno, scandalizzarsi ancora per queste cose. Però forse è più noioso continuare a lasciarcele imporre. Meglio cambiare, neh?
di Massimo Gramellini (La Stampa 6 settembre 2007)
di Massimo Gramellini (La Stampa 6 settembre 2007)
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